Metodisti

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Nel novembre del 1729, in una Inghilterra caratterizzata da una situazione sociale di diffusa miseria e da un contesto ecclesiale molto formale, due studenti di Oxford, i fratelli John (1703-1792) e Charles Wesley (1707-1782), organizzarono un gruppo di preghiera molto partecipato. La vita del gruppo era organizzata secondo un rigoroso “metodo” di vita cristiana, articolato in regole ben precise: non procurare danno al prossimo ed evitare ogni sorta di peccato; essere misericordiosi in ogni cosa; fare il bene in ogni modo e, per quanto possibile, a tutti gli esseri umani; osservare tutte le prescrizioni evangeliche riguardanti la vita cristiana. Il gruppo fu dileggiato da altri studenti che lo definirono “il santo club” e i suoi membri furono etichettati come “metodisti”.

L’impegno nel gruppo di preghiera non fu tuttavia sufficiente a placare la tensione spirituale di John e Charles ed entrambi decisero di accogliere l’invito a partire per la Colonia della Georgia nell’America del Nord: John come missionario e Charles come segretario del Governatore e pastore degli emigrati. Anche questa esperienza, tuttavia, li lasciò delusi e li fece rientrare in Inghilterra dopo poco tempo.

Qualcosa però sarebbe cambiato: il 24 maggio 1738 ad Aldersgate, a Londra, John ebbe un’intensa esperienza spirituale, ascoltando la lettura dell’introduzione di Lutero all’Epistola ai Romani.

Un cambiamento di prospettiva inatteso gli permise di guardare alla fede in modo nuovo e di voler agire con un nuovo impegno spirituale e personale nel mondo: rinunciò a cercare una giustizia mediante i propri meriti e gioì nell’intima certezza di essere giustificato in Cristo. Sentì un nuovo entusiasmo per annunciare il messaggio evangelico in chiave di trasformazione della coscienza e della vita. Questa esperienza è tradizionalmente considerata la vera e propria nascita del metodismo.

L’inizio dell’espansione avvenne entro gruppi di credenti costituiti in “società” di fedeli che volevano vivere secondo i principi metodisti all’interno della Chiesa di Inghilterra, ma ne furono ben presto allontanati. Si diede vita, così, a una nuova organizzazione: John suddivise le “società” in piccoli gruppi (classi) di preghiera, studio della Parola e attività di soccorso, ciascuno affidato alla cura di un conduttore, uomo o donna, poi tutti riuniti nel culto e nella celebrazione della Santa Cena. Creò una rete di collegamento fra tutte queste realtà configurandola in “circuiti”; l’unità venne assicurata da un organo democratico centrale, la “Conferenza”.

Incoraggiato da un altro leader del movimento, George Whitefield, John iniziò a predicare all’aperto, nelle città e nelle campagne, percorrendo, a cavallo o a piedi, più di 360.000 chilometri.

Oltre all’intensa spiritualità, il movimento si caratterizzò per una forte attenzione verso la dimensione sociale, tanto che proprio in seno al metodismo si svilupparono spinte decisive per la battaglia per l’abolizione della schiavitù e per la nascita dei primi sindacati britannici.

Nello stesso tempo Charles mise al servizio del movimento il proprio talento poetico, dando vita a un’innologia di oltre 9.000 testi, cantati secondo uno stile nuovo: oltre il classico corale protestante e l’antica salmodia anglicana, utilizzò melodie vitali e ricche di pathos, adatte alla sola voce umana; l’armonizzazione seguì nell’Ottocento, mantenendo il carattere duttile delle melodie, capace di contaminarsi con altre culture e così offrendo inni per tutti i tempi e per tutti coloro che aspirano a un mondo rinnovato.

Le Chiese metodiste sono oggi presenti in 87 nazioni e sono associate nel Consiglio mondiale metodista (WMC). In Europa, le Chiese metodiste collaborano nello European Methodist Council (EMC). Un’emanazione del WMC è la World Methodist Historical Society, un Istituto di studi storici retto da studiosi che offrono la propria opera gratuitamente. Le Chiese metodiste reggono 38 Facoltà di studi teologici e un gran numero di scuole, ospedali e altre istituzioni assistenziali in ogni continente, con una forte espansione soprattutto in Africa e Asia.

Il metodismo si presentò sulla scena della storia italiana nel 1859 con l’arrivo di William Arthur, segretario della Wesleyan Methodist Missionary Society di Londra. Nell’interessante rapporto “Italy in Transition” affermò la necessità di aprire un campo missionario nel nostro paese non per fondare una Chiesa metodista, ma per sostenere i protestanti già presenti (valdesi e chiesa libera) nell’impegno per una riforma religiosa in senso evangelico che fornisse il necessario supporto spirituale ai fermenti di riforma politica e culturale.

Successivamente, diversi altri pastori inglesi e americani viaggiarono in Italia, rincorrendo il sogno di costruire, con gli altri evangelici, una sola Chiesa protestante nazionale, senza tuttavia riuscire a realizzarlo. Si iniziarono così a organizzare in modo autonomo la Chiesa metodista wesleyana e la Chiesa metodista episcopale, accordandosi comunque per compiere un’opera complementare e non competitiva, tesa a portare la propria testimonianza dentro i nodi sociali, culturali, politici e religiosi del paese e a collaborare con le altre espressioni del protestantesimo.

Nacquero diverse chiese locali nelle grandi città come nei centri rurali, dalle periferie industriali di Genova ai paesi della Maiella, fra i braccianti del ragusano o tra le maestranze per la costruzione del traforo del Sempione. Ad esse si affiancarono scuole diurne e serali, istituti di formazione professionale e avviamento al lavoro, opere di mutuo soccorso. Peso rilevante ebbero la stampa di testi e periodici – come L’Evangelista, nato nel 1888 e chiuso dall’autorità fascista – e la formazione di circoli dialoganti con la cultura italiana.

Durante il ventennio fascista, nonostante severe restrizioni alla libertà, le chiese si impegnarono a non rinchiudersi in se stesse e vissero momenti molto difficili con l’entrata dell’Italia nella seconda guerra mondiale contro Inghilterra e Stati Uniti. Nell’immediato dopoguerra i due rami del metodismo si unirono nella Chiesa evangelica metodista d’Italia, sotto la giurisdizione della Conferenza metodista britannica sino all’autonomia (1962).

Nel frattempo, nel 1954 nacque a Velletri (Roma), per impulso del I congresso della Gioventù evangelica italiana, Ecumene, un centro di studi, culto e vita comunitaria che si offrì come luogo di azione per la riconciliazione, la pace e la giustizia fra i popoli e gli individui.

Nel 1975, con il Patto di Integrazione, inizia il cammino comune con le Chiese valdesi.

Questa eredità di testimonianza e impegno nella società è oggi portata avanti da 40 comunità disseminate su tutto il territorio nazionale, in molti casi arricchite dalla significativa presenza di uomini e donne giunti in Italia da percorsi di migrazione e ricevuti nelle chiese come vero e proprio dono da parte delle comunità metodiste dei paesi d’origine.

Per accrescere la fruibilità del patrimonio spirituale e culturale del metodismo in Italia e nel mondo, nel 2009 è stato costituito un Centro di documentazione metodista.


The Methodists

In November 1729, in an England marked by widespread poverty and a formalistic church, John (1703–1792) and Charles Wesley (1707–1782), two students at Oxford, organised a prayer group that many attended. The group’s life was structured by a rigorous “method” of Christian living with clear rules: do no harm and avoid all sin, be merciful in everything, do good in every possible way to all people, observe all Gospel teachings concerning Christian life. The group was mocked by other students, who labelled it the “Holy Club” and its members as “Methodists.”

However, his commitment in the prayer group was not enough to satisfy John and Charles’s spiritual tension, and they both decided to accept the invitation to travel to the colony of Georgia, in North America: John as a missionary and Charles as the secretary of the Governor and pastor for the immigrants. This experience left them unsatisfied yet again, and they returned to England after a short period of time.

Soon, something changed: on 24 May 1738, at Aldersgate in London, John had a profound spiritual experience, while listening to Luther’s introduction to the Letter to the Romans.

This unexpected change of perspective led him to a new understanding of faith and actions with a renewed personal and spiritual commitment in the world: he abandoned the quest for righteousness through personal merit and found joy in the certainty of being justified in Christ. He experienced new enthusiasm in announcing the message of the Gospel as a key to transforming conscience and lives. This experience is traditionally considered the true birth of Methodism.

The expansion began from groups of believers divided into “societies” aiming to live according to the Methodist principles within the Church of England, but they were soon banned. This led to the creation of a new organisation: John divided the “societies” into small groups (classes) dedicated to prayer, studying the Word, and relief activities, each entrusted to the care of a leader, whether man or woman. These groups would then come together for worship and the celebration of the Lord’s Supper. He created a network to coordinate these smaller groups: the “circuits”, overseen by a central democratic body: “the conference”.

Encouraged by George Whitefield – another leader of the movement – John Wesley began preaching outdoors, in cities and in the countryside, traveling over 360,000 kilometers on foot or horseback. In addition to its intense spirituality, the movement distinguished itself for its social engagement. Indeed, Methodism supported the struggles for the abolition of slavery and the formation of the first British trade unions.

At the same time, Charles shared his poetic talent with the movement, creating more than 9.000 hymns sung according to a new style: in addition to the classical Protestant choir, and the ancient Anglican hymn tradition, he used vibrant melodies and emotional tunes suitable for singing only. In the 19th century, harmonies were created maintaining the melodies, through the contamination of other cultures, thus creating timeless hymns for all those aspiring to a renewed world.

Today, Methodist Churches are present in 87 countries and are part of the World Methodist Council (WMC). In Europe, Methodist churches cooperate in the framework of the European Methodist Council (EMC). An offshoot of the WMC is the World Methodist Historical Society, an institute for historical studies run by scholars who offer their work on a voluntary basis. Methodist churches oversee 38 Universities of Theological Studies and a large number of schools, hospitals and welfare institutions worldwide, especially in Africa and Asia.

Methodism entered Italy in 1859 with William Arthur, secretary of the Wesleyan Methodist Missionary Society in London. In his interesting report “Italy in Transition” he advocated for opening a mission in Italy to support existing protestant communities (Waldensians and Free Church) rather than establishing a new Methodist church, and for a religious reformation inspired by the Gospel, providing the necessary spiritual support to the impulses for political and cultural reformation.

Over time, other English and American pastors travelled to Italy with the dream of establishing a unified Protestant church in collaboration with other evangelical groups. However, their efforts proved unsuccessful. The Wesleyan Methodist Churches and the Episcopal Methodist Churches began to self-organise, agreeing to integrate their efforts rather than compete. Their shared objective was to bear witness in social, cultural, political, and religious contexts and to foster cooperation with other Protestant communities.

Local Methodist churches were established in both urban and rural areas, from the industrial districts of Genoa to the villages in the Majella mountains, among agricultural laborers in Ragusa (Sicily), and construction workers on the Sempione Tunnel. Alongside the Churches, daytime and evening schools, training institutes and mutual aid societies were created. Methodist publications, such as L’Evangelista, established in 1888 played a significant role in engaging with Italian culture, although they faced suppression under Fascism.

During Fascism, despite severe restrictions to freedoms, Churches committed to remaining open and experienced challenges when Italy entered World War II against England and the United States. After World War II, the two branches of Italian Methodism became the Italian Evangelical Methodist Church, under the jurisdiction of the British Methodist Conference until its independence in 1962.

Meanwhile, in 1953, Ecumene – a centre for studies, worship and community life was established by the Italian Protestant Youth. It was conceived as a venue for actions aimed at reconciliation, peace and justice for peace among peoples and individuals.

In 1975, the joint path with the Waldensian Church started with the Covenant of comprehensive integration.

Today, this heritage of witness and  engagement in society is continued by 40 communities across Italy, often enriched by the significant participation of immigrants who are welcome as veritable gifts from the Methodist communities in their countries of origin.

To facilitate access to the spiritual and cultural heritage of Italian and global Methodism, a documentation centre was established in 2009.