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  • Isaia 35, 1

    di Stefano D'Amore

    «Il deserto e la terra arida si rallegreranno, la solitudine gioirà e fiorirà come la rosa»
    Guardiamo bene la scena, anche quella descritta nei versetti che seguono: la solitudine comincia a coprirsi di fiori, le ginocchia si rafforzano mentre camminano per poter proseguire, l’acqua comincia a sgorgare. E il passo cambia, la gioia si impossessa di noi perché Dio non è laggiù ad attenderci alla fine del viaggio, ma sta trasformando il cammino insieme a noi, passo dopo passo.

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  • Matteo 10,40-42

    di Marco Di Pasquale

    «Chi riceve voi, riceve me; e chi riceve me, riceve colui che mi ha mandato. Chi riceve un profeta come profeta, riceverà premio di profeta; e chi riceve un giusto come giusto, riceverà premio di giusto. E chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d'acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è un mio discepolo, io vi dico in verità che non perderà affatto il suo premio».
    Gesù invia i dodici apostoli in missione, esortandoli e incoraggiandoli, e termina con le parole che abbiamo letto. Perché mai questa missione? perché «chi riceve voi, riceve me; e chi riceve me, riceve colui che mi ha mandato». Ricevere qualcuno che porta l'evangelo, perché porta l'evangelo, significa ricevere Gesù stesso, e anzi Dio stesso: significa accogliere Dio presso di sé.

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  • Apocalisse 3,7-8

    di Marco Di Pasquale

    «Questo dice il Santo, il Veritiero, colui che ha la chiave di Davide, colui che apre e nessuno chiude, che chiude e nessuno apre: “Io conosco le tue opere. Ecco, io ti ho posto davanti una porta aperta, che nessuno può chiudere, perché, pur avendo poca forza, hai serbato la mia parola e non hai rinnegato il mio nome”».
    Una porta aperta: immagine intrigante. Non occorre forzare o sfondare alcunché per scorgere ciò che ne sta al di là. Si può addirittura sbirciare da fuori. A una porta chiusa, si tratti pure del portale di un tempio, non si fa molto caso. Ma una porta aperta attrae. È quasi un invito a varcare la soglia. Cosa ci sarà là oltre? Una dimora accogliente? Un tesoro? Un sentiero? Una presenza ostile?

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  • Efesini 4,29

    di Marco Di Pasquale

    «Nessuna cattiva parola esca dalla vostra bocca; ma se ne avete qualcuna buona, che edifichi secondo il bisogno, ditela affinché conferisca grazia a chi l’ascolta».
    Tutta la parte dell’Epistola agli Efesini è una esortazione a mettere in atto, nel vivere con gli altri, comportamenti che oggi definiremmo gentili, cioè civili, rispettosi del prossimo, fondamentalmente benevoli e premurosi verso di lui. Non sono regole religiose, comandate da Dio: non è la Legge di Mosè. Si tratta invece di precetti che riducono le occasioni di conflitto e di astio, arrivando a testimoniare, anche attraverso persone semplici e umili, di un più alto fondamento spirituale.

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  • I Corinzi 15,10-11

    di Marco Di Pasquale

    «Ma per grazia di Dio sono quello che sono; e la grazia sua verso di me non è stata vana ...».
    Paolo, nel rivolgersi qui ai Corinzi, pare avanzare pretese che potremmo definire abnormi. Ma Paolo, nel versetto precedente, aveva affermato di essere il minimo degli apostoli, e, per dissipare ogni dubbio, aveva aggiunto di essere indegno di questo appellativo, per aver in passato perseguitato la chiesa. Ora però conclude: «Ma per grazia di Dio sono quello che sono». È apostolo non perché ne sia degno ma per grazia di Dio.

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