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Secondo un principio evangelico le chiese devono provvedere a sé stesse

sostenere

Valdesi e metodisti sono da sempre fautori di una netta separazione fra Chiesa e Stato; questo per due motivi: perché garantisce dei rapporti corretti all'interno della società ma anche la libertà della Chiesa. Ogni forma di commistione fra potere politico e vita religiosa, come ad esempio i concordati, condiziona infatti la piena autonomia degli organismi pubblici, ma pregiudica anche la piena libertà di una testimonianza cristiana.

Così come rifiutano qualsiasi ingerenza dello Stato nella loro vita comunitaria, metodisti e valdesi rifiutano qualsiasi privilegio nei confronti di altre organizzazioni presenti nella società. Collocandosi in quest'ottica metodisti e valdesi si sono trovati perfettamente in sintonia con la legislazione italiana in vigore dopo il 1870 impostata sui principi di una separazione fra Stato e Chiesa.
In base a questi principi, le comunità evangeliche hanno provveduto alle spese connesse con il funzionamento delle loro attività: mantenere i fratelli e le sorelle impegnati nei diversi servizi pastorali e diaconali, costruzione dei locali di culto, iniziative culturali, facendo ricorso per questo alle offerte dei fedeli. Il Sinodo, esaminato il bilancio preventivo, ne ripartisce la copertura ai diversi distretti.
Ogni chiesa ricorre naturalmente a modalità proprie per quel che riguarda la raccolta delle offerte, effettuate durante i culti, con sottoscrizioni regolari, con versamenti periodici. E' però norma, seguita da tutti, che sia dato all'assemblea un rendiconto annuo del bilancio della chiesa e delle offerte ricevute.

Nella revisione del Concordato avvenuta nel 1984 il sostentamento del clero da parte dello Stato, stabilito nel 1929, è stato sostituito dal versamento dell'8 per mille dell'IRPEF sulla base delle scelte dei cittadini nella denuncia dei propri redditi.
Nel licenziare tale legge il Parlamento italiano approvava però un ordine del giorno che prevedeva la possibilità di estendere alle altre confessioni religiose, che avessero stipulato Intese con lo Stato, la norma del Concordato relativamente all’8 per mille e la deduzione dalla dichiarazione dei redditi delle offerte da parte delle persone fisiche o delle imprese.
Queste novità importanti nella legislazione determinarono nelle chiese e in sede sinodale un ampio dibattito. Accogliere questa normativa non significava in qualche misura contraddire il principio della separazione seguito sin qui?
Nel 1993 l'assemblea decise a maggioranza di accedere alla riscossione dell’8 per mille dell’IRPEF, fissando però un criterio guida fondamentale: la somma ottenuta non sarebbe stata utilizzata per fini di culto, finalizzata cioè al mantenimento dei pastori e delle attività cultuali della chiesa, ma unicamente per progetti di natura assistenziale, sociale e culturale. Inoltre una quota corrispondente al 30% dell'importo totale sarebbe stata riservata a progetti nei Paesi in via di sviluppo, in collaborazione con organismi internazionali religiosi e laici.
Successivamente l'assemblea sinodale ha preso in esame l'eventualità di aderire alla riscossione delle quote non espresse, come prevede la legge del Concordato. La decisione in senso favorevole è stata votata dal sinodo del 2001 stabilendo che la quota finanziaria devoluta a interventi all'estero fosse aumentata al 50%.

I cittadini italiani indipendentemente dall'appartenere o meno alle chiese metodiste e valdesi possono sostenerne l'opera finanziariamente avvalendosi delle attuali disposizioni di legge: mediante la defiscalizzazione, l'otto per mille, il cinque per mille.

Per contribuire:

PROCEDURA ON LINE
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Chiesa valdese Chiesa metodista
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intestato Opera per le chiese evangeliche metodiste in italia via Firenze 38 Roma
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