Una chiesa che canta


Nel culto cristiano un ampio spazio è riservato alla musica. In quelle protestanti è presente, oltre a brani strumentali (preludio, interludio) nel canto dell’assemblea.

Gli evangelici cantano durante i culto per diversi motivi: fondamentale è quello spirituale, così facendo risponde all’esortazione apostolica: “Cantate a Dio salmi, inni e canti spirituali ” (Colossesi 3,16); ecclesiale perché le persone radunate durante il culto formano una comunità che esprime gli stessi pensieri in una azione comune; storico per esprimere la comunione con i credenti del passato che hanno cantato quelle melodie.


Il canto sacro nella fede evangelica

Il canto è espressione della fede che si avvale della musica, quello che i Riformatori consideravano uno dei doni più belli ed elevati che Dio ha fatto all’uomo. A loro parere però il canto, a differenza della musica strumentale, è espressione non solo dell’intelligenza e del sentimento della creatura ma di tutta la sua persona perché è modulato sulla voce.

Il canto ha un significato particolare nella relazione dell’uomo con Dio come risulta evidente alla lettura del libro della Bibbia più poetico e musicale: i Salmi. Qui l’inno sacro copre una gamma vastissima di significati: è espressione di lode ma anche preghiera, espressione della verità di fede ma anche invocazione, esprime spesso la dimensione impegnata della fede, l’impegno per vivere al servizio del Signore.

A imitazione dei salmi biblici Lutero aveva composto una serie di corali detti “corali del catechismo” perché attraverso il canto i fedeli cogliessero i vari aspetti del messaggio evangelico e se ne appropriassero.

Il canto sacro, oltre ad essere momento di riflessione, è anche forma di comunicazione. Cantando, il credente non solo medita il messaggio cristiano, ma nello stesso tempo lo comunica agli altri fratelli in fede ma anche a persone non credenti, ciò che accade anche attraverso la radio o la televisione. Assume anche il carattere di una testimonianza, nel caso di manifestazioni pubbliche o riunioni di evangelizzazione.

Non poche persone hanno tratto conforto e fiducia, nel ricordare inni appresi nella fanciullezza o nella gioventù, quando agli inni esse non davano forse molta importanza; per costoro gli inni non sono un semplice atto rituale, ma un dono di gioia e serenità.


Epoca della Riforma (XVI secolo)

Corali luterani

All’inizio della Riforma le chiese nate dalla predicazione di Lutero cantano in particolare dei “corali”, adattamenti di inni latini gregoriani e di canzoni popolari o parafrasi di salmi, ma anche melodie di libera invenzione, come l’inno “Ein’ feste Burg” (Una forte rocca è il nostro Dio) composto dello stesso Lutero.

Egli, con i suoi collaboratori musicisti, preparò componenti di forma strofica con testo poetico, facilmente memorizzabili e ampiamente divulgati, grazie all’ormai diffusa arte della stampa. I Corali, genere musicale del tutto nuovo, ebbero un fortissimo incremento, tanto che all’epoca di Bach erano già più di 5.000.

Vive ancora la modalità (le scale modali medievali) ma affiora non di rado la tonalità moderna, che in seguito prevarrà. Quanto al ritmo, mentre la notazione antica non precisava la durata delle note, questa viene fissata con sempre maggior precisione, anche in rapporto agli schemi metrici di una lingua nuova: il tedesco; la scansione mensurale era inoltre necessaria per l’apprendimento degli inni da parte di larghe masse di popolo.

Salmi calvinisti

Nelle chiese riformate (Svizzera, Alsazia, Francia) si diffusero nella stessa epoca i salmi (l’unica forma musicale ammessa da Calvino): parafrasi poetiche (prodotte da poeti di fama in lingua francese) dei 150 salmi contenuti nell’Antico Testamento. Incorsi in una fase di deterioramento nel XVIII e XIX secolo, sono oggi, in seguito a seri studi, ristabiliti nella loro forma originaria, quanto alla musica, mentre i testi sono stati riscritti in francese moderno.

Il Salmo ugonotto presenta una duplice veste armonico-tonale: da un lato i salmi nettamente improntati alla modalità gregoriana (scala do – si, o si bemolle, con esclusione di altri diesis o bemolle); dall’altro i salmi con apertura alla tonalità più moderna. La commistione di cadenze arcaiche e più moderne va rispettata nelle armonizzazioni che, nelle più recenti edizioni dei 150 Salmi, cercano la maggiore adesione alle armonizzazioni del massimo musicista ugonotto, Claude Goudimel, perito nelle stragi del 1572.

La linea melodica dei salmi ugonotti è quasi sempre severa, talvolta vivace e festosa, talaltra meditativa. Questa musica è tipica di un’epoca di trasformazioni musicali, specialmente nel campo della ritmica e dell’armonia. Il canto (a una sola voce) di un salmo da parte di alcune centinaia di persone in una cattedrale gotica mitteleuropea è un’esperienza impressionante e commovente insieme.
Esiste oggi anche una traduzione italiana (con la musica dei Salmi calvinisti), pubblicata dalla Claudiana.


Epoca del pietismo (XVIII secolo)

E’ l’epoca di Bach; gli inni luterani sono sempre “corali”, ma con melodie più agevoli e delicate e con testi dettati dalla ricerca di una più intima comunione tra il Salvatore e il credente.

Col Pietismo, nel Settecento, si afferma non solo la tonalità moderna (maggiore-minore) ma anche una linea melodica vieppiù vivace e piacevole, influenzata anche dalla musica profana, vocale e strumentale. Molti corali passano dal ritmo ternario alla veste isoritmica (per lo più 4/4) e si assiste alla straordinaria produzione di corali “fioriti” di J. S. Bach, autore inoltre di moltissime fantasie e variazioni per organo su melodie di corali liturgici.


Epoca del Risveglio (XIX secolo)

Il periodo, detto del Risveglio perché i predicatori si sforzarono di risvegliare le coscienze con messaggi liberi, fuori dei locali ecclesiastici, produsse un eccezionale rinnovamento del canto nelle chiese evangeliche.

La nuova ricerca di fede e l’espressione dei sentimenti religiosi personali, fu vissuta in forme di culto meno ritualistiche: Wesley, fondatore del Metodismo, predicava nelle piazze e l’ “Esercito della Salvezza” inframmezzava i messaggi con musiche. I canti, numerosissimi e di facile presa, erano spesso di livello modesto.

Ma parecchi di questi canti furono scritti da dilettanti di ottimo gusto, o da veri musicisti, quali H. W. Monk (prof. di musica al King’s College e organista, autore del famoso Abide with me “Resta con me”), Samuel Wesley, organista, Lowell Mason, direttore d’orchestra, laureato h.c. a N.York, autore dell’inno del Titanic (Nearer, my God, to Thee “Più presso a Te, Signore”), Scholefield, pastore e cappellano al Collegio di Eton, e infine Dykes, autore di numerose ispirate melodie. E’ famosa la raccolta di Ira D. Sankey con 1.200 inni, stampata a Londra-Edimburgo, s.d.

Si ebbero però anche inni su melodie di grandi autori, quali Haendel, Mozart, Beethoven, Schubert, Mendelssohn. Di qualità indiscutibile, ma con adattamenti non sempre appropriati.


Tempi recenti

Nel corso del XX secolo troviamo un certo numero di inni dovuti a musicisti o dilettanti evangelici italiani, nello stile post-romantico; dall’America giungono canti spirituali neri e gospel, alcuni dei quali, più vicini alla sensibilità europea, sono cantati nelle comunità evangeliche, con testi o tradotti dall’originale, o d’argomento differente.

Dopo il 1968 le chiese di vari paesi europei producono, a imitazione dei canti a sfondo politico-sociale dei giovani, parecchi canti assai distanti dallo stile dei “corali”, dei salmi e degli inni romantici. Melodie snelle e ritmi freschi sono supporto a testi o direttamente ispirati alla Bibbia, o centrati su problematiche attuali, viste da angolazione cristiana.

Alcuni di questi canti sono presenti nella raccolta ufficiale delle Chiese battista metodista e valdese in Italia: l’ “Innario cristiano”, 3a ediz., 2000 Torino, Editrice Claudiana. (Le due edizioni precedenti sono del 1922 e del 1969).