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Un passo avanti nella ricerca dell’unità cristiana

La Sesta Conferenza mondiale della Commissione Fede e Costituzione del Consiglio ecumenico delle chiese

La Sesta Conferenza mondiale della Commissione Fede e Costituzione del Consiglio ecumenico delle chiese (CEC) tenutasi a Wadi El Natrun (Egitto) rappresenta uno degli eventi più significativi nel panorama odierno del dialogo ecumenico internazionale. Questa Conferenza, organizzata nell’ambito delle attività del Consiglio ecumenico delle chiese, in occasione dei 1700 anni del Concilio di Nicea, si è proposta di favorire l’incontro, il confronto e la collaborazione tra le diverse confessioni cristiane, con l’obiettivo di approfondire la comunione e promuovere l’unità visibile tra le Chiese di tutto il mondo. Infatti, il titolo inglese “Where Now for Visible Unity?” si presta a diverse traduzioni e interpretazioni. Dove va adesso l’unità visibile? Dove si trova adesso l’unità visibile? Come scorgere ora l’unità visibile? Chi scrive, può testimoniare che dal 24 al 28 ottobre 2025 l’unità visibile della Chiesa di Gesù Cristo si è manifestata nel Centro Logos, un modernissimo campus accademico della Chiesa copta ortodossa, che sorge in una zona costellata da quattro monasteri la cui fondazione risale a più di milleseicento anni fa. Si è manifestata un’unità imperfetta, parziale, ma concreta: nella preghiera, nelle discussioni, nel consumare insieme i pasti. Una realtà espressa dall’incipit del Simbolo Niceno-Costantinopolitano: “Noi crediamo”. Questa frase, presente in tutti gli ambienti di lavoro della Conferenza, è stata il vero centro spirituale della liturgia e della ricerca teologica.

La Commissione Fede e Costituzione nasce nel 1927 a Losanna come un atelier teologico indipendente incaricato di affrontare le questioni teologiche che dividono le chiese cristiane. La sua missione consiste nel promuovere la riflessione comune sulle principali dottrine cristiane, come l’eucaristia (la Cena del Signore), il battesimo, il ministero e l’interpretazione delle Scritture, al fine di superare le divisioni storiche e favorire la riconciliazione. Dal 1948 la Commissione fa parte del CEC, mantenendo tuttavia la sua autonomia. Merita di essere ricordato il fatto che ne fanno parte a pieno titolo teologhe e teologi provenienti dalle confessioni e denominazioni che non sono membri del CEC (Chiesa cattolica romana, Chiese pentecostali).

La Sesta Conferenza si inserisce in un percorso storico di incontri iniziato nel XX secolo, segnando una tappa fondamentale nella maturazione del dialogo ecumenico. L’evento ha visto la partecipazione di delegati provenienti da un’ampia varietà di tradizioni cristiane: ortodossi, cattolici, protestanti, anglicani e rappresentanti di Chiese indipendenti (evangelicali), pentecostali e – persino – una piccola delegazione della Chiesa ortodossa russa, presente “a titolo personale”. Un gruppo di quattrocento persone composto sia da rappresentanti di livello apicale delle chiese, sia da chi opera in situazioni di emarginazione e di povertà. Da sottolineare la nutrita presenza delle persone giovani e giovanissime. Un dato di fatto, chiaramente visibile durante tutto l’evento, è che oggi la maggior parte della cristianità mondiale si trova a vivere nel cosiddetto Sud globale.

Nel corso della Sesta Conferenza, particolare attenzione è stata dedicata a temi centrali per la vita e la missione della Chiesa universale. Tra i temi discussi spiccano: la natura della Chiesa e la sua missione nel mondo contemporaneo, l’unità della fede e il significato della diversità tra le confessioni, la giustizia sociale come dimensione fondamentale della testimonianza cristiana, la necessità di una rinnovata spiritualità ecumenica fondata sulla preghiera e sulla conversione personale, l’impegno per il dialogo interreligioso in un mondo segnato da conflitti e frammentazioni.

La Conferenza ha prodotto numerosi documenti e raccomandazioni che saranno oggetto di studio e applicazione da parte delle Chiese membro del CEC. Tra i risultati più significativi presenti nel messaggio finale si annoverano una maggiore comprensione reciproca, l’allargamento della base del dialogo ecumenico e l’avvio di nuove iniziative congiunte su temi sociali, etici e pastorali. La Conferenza ha sottolineato che il cammino verso l’unità cristiana è lungo e spesso complesso, ma ha ribadito la convinzione che “l’unione fa la forza” e che il dialogo resta la via maestra per superare le divisioni del passato.

La Sesta Conferenza mondiale della Commissione Fede e Costituzione si è rivelata un vero e proprio crocevia di speranze e sfide. Una di queste è anche il rapporto con il potere secolare (Nicea docet). Il governo egiziano ha collaborato attivamente con la Chiesa copta ortodossa nella preparazione dell’evento, cosa tutt’altro che scontata. Il 28 ottobre, il presidente egiziano Abdel Fattah El-Sisi ha incontrato la leadership del CEC, rappresentata dal segretario generale Jerry Pillay, e dal moderatore del comitato centrale del CEC, Heinrich Bedford-Strohm. All’incontro ha partecipato anche il capo supremo della Chiesa copta ortodossa Tawadros II.

Un antico detto latino recita: non nova, sed nove (non cose nuove, ma in modo nuovo) – un detto che ben si addice al percorso ecumenico della Commissione, fatto di piccoli passi, ma costanti e convinti. Questo lavoro, frutto di pazienza, ascolto e determinazione, continua a gettare ponti tra le chiese cristiane, nella certezza che l’unità visibile non è solo un ideale da sognare, ma una realtà a cui tendere con fiducia e perseveranza.

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