È nel profondo delle nostre contraddizioni troppo umane che la Parola deve scendere per generare una nuova chiarezza
Gesù ammaestra la folla sulle rive del lago di Gennesaret. Come ebbe terminato di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo, e gettate le reti per pescare». Simone gli rispose: «Maestro, tutta la notte ci siamo affaticati, e non abbiamo preso nulla; però, secondo la tua parola, getterò le reti». E, fatto così, presero una tal quantità di pesci, che le reti si rompevano (Luca 5, 1-11).
Dove incontrare Dio? Nell’ascolto della sua Parola. E la Parola era stata rivolta alla folla e dunque anche a Simone. Ma fin dove Simone ha permesso che l’insegnamento arrivasse, alla testa o anche al cuore? C’è da pensare alle orecchie. Infatti, la sfiducia all’invito di Gesù è tipica di chi pensa che il destino personale dipenda solo dalle proprie capacità e dal caso. Chi ha già fallito non può che fallire nuovamente. In un convincimento simile è assente la visione del Regno che viene. Decide, però, di tornare a lanciare le reti perché ha riconosciuto in quell’uomo saggezza e verità tanto da chiamarlo Maestro.
Prendi il largo, vai dove le acque sono profonde, lì getta la tua rete e scopri il tuo tesoro. È nel profondo delle nostre contraddizioni troppo umane che la Parola deve scendere per generare una nuova chiarezza. È lì che la Parola dev’essere portata ad agire con la sua grazia vivificante: dove Dio si rivela a noi e rivela noi a noi stessi. E come Simone ci scopriamo peccatori ma giusti per grazia nella fede e trasformati dal soffio dello Spirito. Simon Pietro, veduto ciò, si gettò ai piedi di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Allora Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». Ed essi, tratte le barche a terra, lasciarono ogni cosa e lo seguirono.
