Credere è mettersi in cammino nella direzione indicata da Dio in Gesù Cristo, resi capaci di scorgere nel mondo quella presenza del Regno di Dio che con i nostri “occhi naturali” non riusciamo a cogliere
“Per fede Abraamo, quando fu chiamato, ubbidì, per andarsene in un luogo che egli doveva ricevere in eredità; e partì senza sapere dove andava”.
Ebrei 11,8
Nel capitolo 11 dell’Epistola agli Ebrei abbiamo la più celebre definizione di fede: «La fede è un modo di possedere già ora ciò che si spera e un mezzo per conoscere le realtà che non si vedono» (trad. TOB). Questa nasce dall’affermazione secondo cui: «noi non siamo di quelli che si tirano indietro a loro perdizione, ma di quelli che hanno fede per ottenere la vita» (10,39). E alla definizione sopra citata fa seguito una lunga serie di esempi di fedeltà tratti dalla Scrittura che si conclude con un’esortazione: «Anche noi, dunque, poiché siamo circondati da una così grande schiera di testimoni … corriamo con perseveranza la gara che ci è proposta» (12,1).
In realtà, spesso noi cerchiamo di definire la fede partendo dall’esperienza dell’essere umano; così facendo, però, finiamo per non cogliere il bersaglio. Il suo fondamento, in realtà, sta nel fatto che Dio ha agito per noi, per metterci di nuovo in un rapporto integro con Lui e lo ha fatto per amore, donandoci suo Figlio. Credere significa in primo luogo accogliere questo annuncio, aprirci ad esso ed essere così liberati dall’assillo di una salvezza da conquistare. È un mettersi in cammino nella direzione indicata da Dio in Gesù Cristo, resi capaci di sperare contro speranza e di scorgere nel mondo quella presenza del Regno di Dio che con i nostri “occhi naturali” non riusciamo a cogliere. E non è necessario arrivare alla meta per mettersi in cammino. Mosè non vide se non da lontano la Terra Promessa, ma condusse lo stesso Israele fino a varcare il Giordano.
Rimane sempre la domanda fondamentale: la fede è un dono di Dio? La risposta è: Sì. Ma questa affermazione non deve assolutamente contenere un giudizio o una recriminazione di chi la fede sente di non averla. Essa è piuttosto il riconoscimento che la mia fede non è un prodotto umano, derivato di un ragionamento, ma è dono, semplicemente dono e come tale lo vogliamo accogliere.