“Sii forte e coraggioso”: le parole tratte da Giosuè 1, versetto 6, hanno accompagnato i lavori del sinodo della Chiesa protestante unita del Belgio (EPUB) che si è tenuto a Vaalbeek il 12 e 13 novembre.
Si tratta di una chiesa che ha ottenuto il riconoscimento da parte dello Stato nel 1839; essa riunisce le principali componenti protestanti presenti in Belgio ed è rappresentativa di diversi orientamenti teologici. L’EPUB conta un centinaio di comunità sparse in tutto il paese e il 15% del corpo pastorale è composto da donne. Una chiesa aperta e inclusiva che nel 2015 ha scelto di non considerare l’omosessualità come un ostacolo alla possibilità di esercitare il ministero pastorale.
Tra gli invitati presenti al sinodo belga c’era anche il pastore Italo Pons, membro della Tavola Valdese, cui abbiamo rivolto alcune domande.
Quali le impressioni a caldo?
Ho raccolto l’impressione di una chiesa che non si fa dettare l’agenda dal mondo. Le urgenze e le crisi del nostro tempo non sono cancellate ma non appaiono determinanti rispetto alle discussioni affrontate dal sinodo. Non c’è la pretesa di dover indicare delle soluzioni ai mali di oggi. In uno degli ultimi sinodi ai quali avevo partecipato si avvertiva la tensione tra valloni e fiamminghi. Oggi la ricomposizione tra le due parti ha fatto sicuramente dei passi in avanti. Il clima era sereno, i malumori (per esempio quelli seguiti alla decisione di accogliere i pastori omosessuali) sono nominati e gestiti, grazie anche all’ottima mediazione della direzione ecclesiastica.
Quali sono stati i temi più rilevanti?
Uno dei temi sui quali si è dibattuto ampiamente riguarda la crisi che spesso i pastori attraversano nelle comunità con conseguenze per le comunità stesse. In Belgio i ministri di culto sono sovvenzionati dallo Stato e sono le chiese locali a eleggere i propri pastori. Pertanto la direzione ecclesiastica ha un potere d’intervento molto limitato nelle crisi che si vivono a livello locale. La secolarizzazione, l’invecchiamento della popolazione e il mancato ricambio generazionale contribuiscono a una frustrazione sempre maggiore. La soluzione prospettata è quella di un ministero specializzato per supportare e accompagnare i pastori in crisi. Una strategia che non ha ancora raggiunto un largo consenso: vi è una sorta di resistenza latente da parte delle chiese ad accogliere interventi di carattere ispettivo che la procedura presuppone. Al termine di un faticoso dibattito la direzione ecclesiastica ha quindi ritenuto di rimandare la questione al sinodo successivo. Una scelta coraggiosa da parte di chi non ha voluto forzare la mano ma è consapevole della necessità di aiutare i ministri a riformulare la loro vocazione.
Quali speranze per il futuro di questa chiesa sorella nel cuore dell’Europa?
Direi molte. Interessante è stato un “bazar delle idee” animato dai giovani per circa due ore intorno ad alcune parole chiave che venivano via via scelte dai membri del sinodo in un confronto molto libero e poco formale. La chiesa si è riconosciuta pronta a lavorare con audacia e coraggio per proseguire la propria azione di riforma, ricercando modi e strumenti nuovi per il cambiamento. C’è la viva speranza di risolvere i conflitti per intraprendere quello che è stato definito “un percorso fuori dal comune in un mondo comune”.