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Seminario internazionale su «Essere chiesa insieme»

Si è svolto nei giorni scorsi (25-29 settembre), presso la chiesa metodista di Vicenza, un seminario internazionale dedicato al tema dell’Essere chiesa insieme. L’incontro, organizzato dalla Vereinte Evangelische Mission (un organizzazione missionaria di cooperazione tra strutture ecclesiastiche che collega 36 chiese tra Asia, Africa e Germania) e dalla cattedra di teologia pratica della Kirchliche Hochschule di Wuppertal, in collaborazione con la chiesa locale, ha visto la partecipazione di una trentina di persone tra studenti, pastori e collaboratori di vari organismi delle chiese tedesche della Renania e della Westfalia e di altre chiese dell’Africa subsahariana e dell’Asia.

Pur avendo la sua base a Vicenza, il gruppo ha avuto modo di incontrare anche altre chiese del territorio che vivono il processo di Essere chiesa insieme o che si impegnano nel lavoro con i rifugiati. Nel corso delle giornate, in cui si sono alternati momenti di lezione frontale a sessioni di discussione, Yann Redalié, Paolo Naso, George Ennin hanno portato il loro contributo su vari aspetti del tema, informando dell’impegno delle nostre chiese in quest’ambito e motivandone le ragioni.
La domenica, il culto in comune con la chiesa di Vicenza, arricchito dalla predicazione del pastore Pieter Grove, moderatore del Sinodo di Cape della Uniting Reformed Church del Sud Africa, ha costituito un ulteriore momento di gioia e di scambio fraterno, con la possibilità  di imparare gli uni dagli altri, di sedere insieme allo stesso tavolo, condividendo cibo, idee, dubbi, speranze.

Nella valutazione finale del seminario è emerso, oltre all’apprezzamento per il lavoro, un aspetto che forse ci aiuta a comprendere meglio la nostra situazione. Essere chiesa insieme è un processo, un cammino che può talvolta essere più spedito, in altri casi più rallentato. Non è un tempo di marcia, piuttosto una direzione. Un partecipante tedesco, consapevole di tutte le variabili di cui si deve tenere conto, ha affermato che la cosa forse più interessante per un osservatore esterno, è riconoscere che le nostre chiese questa direzione di marcia hanno voluto assumerla consapevolmente da molti anni, ormai. Certo, affrontando anche le difficoltà  e le battute d’arresto, le sfide che di volta in volta si pongono. In molte altre chiese, in cui si parla di questi temi, la decisione di prendere una direzione non è stata sempre esplicitata. Si potrebbe dire che questo sia un modo equilibrato di guardare al nostro cammino: senza idealizzarlo, ma sapendo, al tempo stesso, che si basa su una consapevole decisione.

30 settembre 2015

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