«Il Signore è il mio pastore: nulla mi manca…»
L’apertura del Salmo 23, un salmo a tutti noto e a tutti caro. Un canto antico, che esprime ancora bene i nostri sentimenti e le nostre emozioni. Che insieme ci parla della felicità di vivere e delle difficoltà della vita.
Ne riprendo tre immagini (il Salmo 23 è tutto fatto d’immagini; e ci sono nella vita dei tempi in cui abbiamo bisogno di immagini per dire ciò che viviamo, ciò che crediamo, per esprimere i valori che ci portano).
La prima immagine è quella che apre il salmo e gli dà il nome: “Il Signore è il mio pastore“. Ci dice, quest’immagine, che noi non siamo soli, che siamo accompagnati (e anzi guidati) nei tempi felici come in quelli duri: non siamo soli, anche quando ci sentiamo soli, fragili, indeboliti. Col suo “bastone” con cui ci tocca leggermente per ricondurci sulla giusta strada e con il suo “vincastro” il cui rumore quando batte a terra ci rassicura della sua presenza, il Dio “nostro pastore” ci conduce lungo i percorsi spesso aridi della nostra esistenza, fino a quei prati verdeggianti e a quelle fresche acque di un ruscello che sono di ristoro al corpo e al cuore.
Ma la vita non è sempre serena. C’è il buio e c’è il pericolo; a volte è necessario attraversare – è la seconda immagine del salmo – le “valli dell’ombra della morte“: i luoghi oscuri e stretti dove senti il pericolo in agguato. Ma anche lì c’è il pastore, sempre col suo bastone e il suo vincastro, con cui è pronto a difenderci contro qualsiasi malintenzionato. Dio non ci lascia soli; non l’ha mai fatto e non lo farà mai.
Ed ecco l’ultima immagine: la “tavola imbandita“, pronta per il banchetto. Un simbolo della pace che Dio dona a colui e a colei che lo pregano. Tutte e tutti abbiamo bisogno di pane e di parole, per nutrire corpo, vita, relazioni. La tavola imbandita è il luogo adatto per dirci fra di noi: “Io ho bisogno di te, della tua presenza, della tua parola, del tuo pane, per vivere”.
E il Dio che ci conduce lungo le strade della nostra vita, è anche colui che ci aspetta per accoglierci alla sua tavola. Per donarci la “coppa traboccante” del nostro ritrovarci assieme a lui e, grazie a lui, fra noi.
Sì, noi non siamo soli. Siamo il gregge di Dio; siamo comunità . Tutte e tutti, custoditi e curati dal nostro buon Pastore.