«Gli occhi di tutti sono rivolti a te, e tu dai loro il cibo a suo tempo»
Rivolgerci a Dio è un atto impegnativo. Una cosa è pensare a Dio, una cosa completamente diversa è rivolgersi a lui. È diverso se pensiamo a Dio come all’essere che deve usare la sua potenza per fare i nostri interessi o se ci rivolgiamo a Dio sapendo che ci libera perché la nostra vita possa avere un senso. Chiunque può pensare a Dio, per negarlo o per farsene un’idea tutt’altro che impegnativa. Ma chi si rivolge a lui si sente accolto o accolta in una relazione da cui la sua vita riceve chiarezza e impulso in ogni momento; perciò sente gratitudine per quello che ha ricevuto e si affida a Dio per il futuro.
A Dio sono rivolti gli occhi di tutti. Di ogni essere vivente, anche degli animali, di cui sappiamo proprio poco, ma non possiamo escludere che in loro l’energia vitale si accompagni a una sorta di fiducia. In noi esseri umani questo sguardo diventa cosciente, ma in questo modo non è esente da problemi.
Dio sa di che cosa abbiamo bisogno, e ce lo dona; Gesù ce lo ha insegnato. Ma non possiamo nasconderci il fatto che lo sviluppo economico ha creato una scandalosa disparità nell’accesso ai beni. Scandaloso è l’accaparramento dei beni a danno dei più deboli. In Africa l’attività dei pescatori costieri è messa in crisi dalle grandi imprese che, con le loro reti gigantesche, pescano tutto il pescabile. Questo, per le popolazioni della costa, vuol dire fame. Ed è solo un esempio. Rivolgersi a Dio oggi significa anche cercare le vie perché questo scandalo sia superato.