«La creazione è stata sottoposta alla vanità , non di sua propria volontà , ma a motivo di colui che ve l’ha sottoposta.»
Oggi che la scienza ci pone nuovi e difficili interrogativi sulla vita e sulla morte, molte fedi si sottraggono alla sfida barricandosi dietro una supposta “legge divina”, universale e oggettiva, impressa nella natura.
La convinzione che sia possibile trarre norme di comportamento dalla creazione mi ha sempre lasciato perplesso, perché l’unica legge che vedo rivelata in natura è quella del più forte: i più deboli soccombono, affinché i più abili possano garantire l’esistenza della loro specie. Ma questo corrisponde alla volontà di Dio?
A me pare che la Bibbia dica chiaramente di no, come leggiamo in queste parole dell’apostolo Paolo. In origine la creazione era in equilibrio e giusta; oggi, però, non lo è più a causa del peccato umano. Se questo è vero, la natura non può essere un punto di riferimento solido per la nostra etica. Solo l’amore di Dio rivelato in Gesù ci fa gustare l’originaria benedizione divina, che torneremo a possedere solo alla fine dei tempi.
Nel frattempo, dunque, noi cristiani non siamo legittimati ad arrogarci il possesso di un’etica universalmente, “naturalmente” valida. Dovremo piuttosto applicarci con cura, umiltà ed amore alla faticosa ricerca del bene comune, ricerca in cui tutti, sia credenti sia atei, facciamo fatica a vedere al di là dei nostri istinti, interessi e paure, per opporci alla legge, quella sì “naturale”, della sopraffazione e della violenza.