Conoscere Cristo significa intraprendere un cammino nel quale si è trasformati e liberati
“Se perseverate nella mia parola, siete veramente miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”.
Giovanni 8, 31b-32
Ci sono molti modi di definire la libertà e uno di essi è libertà come utopia. Non credo però sia solo una definizione in negativo. Ogni mancanza di libertà vista dagli occhi di chi non può goderne è forse come un’utopia. Non per questo essa ha meno valore o è inconsistente. Non è forse il desiderio di realizzare una tale utopia a spingerci a fare in modo che essa divenga reale, presente e viva? Nel tentativo che sia così, si rischia di trasformarsi in inseguitrici/ori di farfalle che scappano via. O al contrario si rischia di diventare in qualche modo dipendenti da un tale inseguimento. O ancora, la libertà può diventare a sua volta strumento di propaganda e oppressione. Per il cristianesimo questo inseguimento si può tradurre nella sequela di Cristo. Il versetto giovanneo ci parla di una verità che come credente imparo a conoscere ogni giorno in una parola che mi cambia, mi forma, mi interroga. Una parola di verità che libera. Cristo è la verità della parola fatta carne e conoscere Cristo significa camminare con Cristo, fare esperienza di Cristo. Non un vano inseguimento di farfalle, ma un cammino nel quale si è trasformati, liberati. Di fronte a questa verità, di fronte al Cristo, il credente vive e sperimenta la vita nella massima libertà. Una liberazione come utopia della fede quindi? Non necessariamente. La libertà nella fede si scopre, anzi si riscopre ogni volta da capo. Questo avviene per i credenti di tutti i tempi che ne fanno esperienza diretta nella propria situazione storica, nel momento attuale e contemporaneo e al di là di ogni tradizione. Ogni volta che lo Spirito soffia dove vuole. In ciò c’è il rischio di minare le certezze che con fatica si costruiscono in lunghi anni di riflessione; ma non è forse questo ciò che fa Gesù ogni qual volta si cammina insieme a lui?