“I francesi sono italiani di cattivo umore” diceva Jean Cocteau, ma partecipando al sinodo della Chiesa protestante unita di Francia (a Lille dal 25 al 28 maggio) si scopre una comunità di fede gioiosa e per nulla di cattivo umore. Proprio il tema della “gioia” accompagna i quattro giorni intensi di dibattiti, votazioni, preghiera, canto conclusi dal culto della domenica mattina, che vedono la partecipazione di 220 tra delegati e invitati guidati dalla moderatrice Anne Faisandier.
Per la Chiesa protestante unita di Francia (nata nel 2013, nel sinodo di Lione, dall’unione di riformati e luterani) quello del 2017 è un sinodo storico. Prima di tutto per il rinnovamento del Consiglio nazionale e, al suo interno, della presidenza che passa da Laurent Schlumberger (il pastore che ha gestito e condotto il processo unitario) alla pastora Emmanuelle Seyboldt.
Accanto a questo avvicendamento importante, al centro del sinodo ci sono la discussione e l’approvazione della nuova dichiarazione di fede al termine di un lungo percorso che ha coinvolto i vari livelli della chiesa: dalle parrocchie ai sinodi regionali (che hanno un peso particolarmente importante nel processo decisionale) sino a tre riunioni plenarie, gruppi di lavoro e una votazione finale. Un percorso che si è reso necessario proprio perché l’unione delle due chiese ha creato una nuova realtà che rimane saldamente radicata nelle proprie origini ma che vuole dire la fede con un linguaggio più moderno, comprensibile a tutti anche a chi è al di fuori, magari sulla soglia, in cerca di risposte. Nella sua dimensione missionaria, “la chiesa esiste per chi non c’è”, per chi non ne fa parte, come sottolinea il pastore Schlumberger, nel suo discorso di apertura. Così, questa nuova Dichiarazione di fede cerca di parlare ai membri di chiesa, per fornire un sostegno nella testimonianza; si rivolge a chi è fuori dalla chiesa e, poi, vuole essere anche “un biglietto da visita” nei confronti delle altre chiese in una prospettiva ecumenica. Nei sei paragrafi della Dichiarazione di fede emergono soprattutto le funzioni missionaria, liturgica e, appunto, ecumenica del testo scelto dopo un lungo lavoro coordinato e istruito dai relatori Pierre Bühler e KatharinaSchächl che si sono meritati i cinque minuti di applausi con standing ovation da parte dell’assemblea sinodale.
Tornando alla nuova presidente, si tratta della prima volta di una donna nella storia di questa chiesa (ovviamente, essendo nata nel 2013) e che, nella vicenda dei protestanti storici in Francia, ha come unico precedente quello di Thérèse Klipffel che dal 1982 al 1988 ha guidato la Chiesa riformata di Alsazia e Lorena, come ricorda il quotidiano Le Monde nel suo articolo sulla pastora Seyboldt. Quarantaseienne, pastora a Besançon, la nuova presidente ha svolto diversi incarichi nella chiesa, è stata teologicamente segnata in particolare dalla lettura di Paul Tillich, ama la musica e leggere fumetti o romanzi gialli . “La sfida per noi sarà essere una chiesa che testimonia la sua fede, che non ha paura, che non è timorosa, che non si rinchiude dietro i suoi muri ma che testimonia” dice subito dopo l’elezione.
La gioia, come detto all’inizio, segna le giornate sinodali tornando più volte al centro del dibattito, dei momenti di preghiera e di quelli più conviviali. Sarebbe facile citare la serata del sabato, festosa e goliardica, ma in realtà tutto il sinodo si svolge in un clima di impegno, serietà, ma anche di sorrisi e buon umore. Un buon modo per rispondere all’esortazione dell’apostolo Paolo: “Siate sempre gioiosi” (1 Tessalonicesi 5:16). Con buona pace di Cocteau.