L’area europea della Comunione mondiale delle Chiese riformate ha recentemente dato vita a una “task force” sull’immigrazione e l’asilo. Il gruppo, composto da otto membri provenienti dalle chiese europee della Comunione, vede la presenza anche del pastore valdese Francesco Sciotto. Primo appuntamento del gruppo è stata una consultazione che si è tenuta a Budapest il 2 e 3 giugno, organizzata in collaborazione con la Chiesa evangelica della Renania e ospitata dalla Chiesa riformata ungherese. La consultazione ha analizzato criticamente, da un punto di vista teologico, i pronunciamenti e le dichiarazioni delle chiese in materia di immigrazione; ha poi esaminato le proposte politiche messe in campo dalle chiese stesse e dagli organismi ecumenici in risposta alle suddette dichiarazioni. Ne abbiamo parlato con il pastore Sciotto presente all’incontro.
Quali sono stati gli esiti della consultazione? Si è pervenuti a un dialogo significativo su una comune responsabilità riguardo a un tema delicato che coinvolge diversi paesi europei?
Credo di poter dire di sì. È estremamente importante rilanciare il messaggio che le chiese riformate europee sono concordi nell’affermare che bisogna accogliere i rifugiati, e questo indipendentemente dal fatto che i governi nazionali abbiano posizioni miopi e rispondano con il filo spinato alle richieste di aiuto.
A cosa è dovuta la tendenza alla chiusura verso i profughi di alcuni paesi dell’Est Europa?
La situazione è grave, abbiamo avuto modo di parlarne anche in Ungheria. I governi di alcuni Paesi cavalcano le più becere paure della società . Sostengono di voler difendere i valori cristiani d’Europa, difendendone i confini. Un confine però non è un valore cristiano. Abbiamo riflettuto sull’importanza di cercare una risposta teologica a tali affermazioni, ribadendo che nel testo biblico troviamo innumerevoli brani che ricordano a tutti noi il valore dell’accoglienza dello straniero e del rispetto per chi viaggia. È giusto non sottovalutare le “paure” degli Europei, ma ancora più importante è mettere al centro della nostra riflessione le paure e le inquietudini di chi fugge da guerre e miseria.
L’incontro, ci tengo a dirlo, è stato anche un’occasione per condividere esperienze e progettazione e per scrivere l’agenda della nuova task force. In questo senso è giusto ricordare che le prassi diaconali delle chiese italiane e il progetto Mediterranean Hope con i corridoi umanitari, sono stati molto apprezzati dai rappresentanti delle Chiese sorelle. Ci siamo seriamente chiesti come operare a livello internazionale per replicare i corridoi.
In un’Europa politicamente debole, soggiogata dalle compatibilità economiche e monetaristiche, possono essere le chiese a rilanciare i veri valori europei?
È possibile che ciò succeda, ma non credo che questa debba essere la nostra finalità . La vocazione della Chiesa è quella di annunciare la Parola, predicando e agendo, non quella di entrare nel dibattito sui valori europei, proponendosi come baluardo degli stessi.
6 giugno 2016