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Riforma, un futuro aperto

Torre Pellice, 22 agosto

Foto di Pietro Romeo

«Il futuro è nelle mani di Dio ma noi abbiamo una vocazione da adempiere», con queste parole il moderatore Eugenio Bernardini ha concluso la serata pubblica del sinodo valdese e metodista tenutasi lunedì 21 agosto nel tempio di Torre Pellice. Ogni anno la serata pubblica è un momento di riflessione su un argomento di particolare importanza per le nostre chiese. Quest’anno la Tavola valdese ha deciso di prendere spunto dal recente libro di Fulvio Ferrario, decano della Facoltà valdese di teologia, intitolato Il Futuro della Riforma. In un tempio gremito di persone, alla presenza del prefetto di Torino, Renato Saccone, e del vescovo emerito di Pinerolo, Piergiorgio Debernardi, la serata è stata introdotta e moderata da Paolo Naso, politologo e studioso dei fenomeni religiosi. I canti eseguiti dal coro del Liceo Valdese hanno favorito l’ascolto e la meditazione.

Una relatrice e tre relatori hanno condiviso i propri pensieri sul tema della serata. Per Cristiano Bettega, direttore dell’Ufficio per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della Conferenza Episcopale Italiana, la Riforma del Cinquecento ha cambiato l’intera cristianità occidentale. Tuttavia, ha affermato Bettega, ogni chiesa ha continuamente bisogno di riforma (con la “r” minuscola).

Marinella Perroni, teologa, professoressa del Pontificio Ateneo di San Anselmo, ha messo in risalto la dimensione della riforma nella Riforma: nel cinquecentenario del 2017 ricorre nella Chiesa valdese anche il 50° anniversario dell’ammissione delle donne al ministero pastorale. Questa coincidenza dovrebbe ricordare a tutte le istituzioni ecclesiastiche la necessità di ripensare radicalmente i propri paradigmi pastorali e organizzativi.

Fulvio Ferrario ha posto l’accento sulla necessità di riscoprire e coltivare lo “stile” protestante. Il termine “stile” è stato rilanciato dal teologo cattolico Christoph Theobald nel suo libro Lo stile della vita cristiana, pubblicato in Italia nel 2015. Secondo Ferrario, è finita l’epoca dei confessionalismi e delle contrapposizioni, tuttavia lo specifico, lo stile appunto, di ogni denominazione cristiana rimane oggi uno dei principali strumenti per rapportarsi non tanto con altre denominazioni quanto con la società tutta.

Alberto Melloni, storico del cristianesimo, professore dell’Università di Bologna si è schierato contro ogni tentativo di rendere banale la figura di Martin Lutero. Per Melloni il Riformatore di Wittenberg non può essere minimamente identificato con il pupazzetto di plastica fabbricato da una nota azienda tedesca di giocattoli e venduto in milioni di esemplari. «Bisogna restituire a Lutero la sua insopportabilità», ha affermato Melloni parlando della drammaticità che ha accompagnato il padre della Riforma nella creazione di uno spazio di libertà irrinunciabile.

Nel suo intervento conclusivo il moderatore Bernardini, oltre alla dimensione vocazionale della Riforma, ha indicato due caratteristiche delle numerose iniziative messe in atto in Italia nei mesi scorsi: ecumenica e interculturale. «Il futuro delle chiese della Riforma e della cristianità tutta è tracciato da questi due solchi: ecumenismo e interculturalità», ha affermato Bernardini.

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