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Perché Dio non impedisce il male?

Il mondo creato è quello la cui quantità complessiva di male è la minore possibile affinché esso non sia Dio ma esprima comunque, imperfettamente, la perfezione del suo creatore

«, sono convinta che questo è il migliore dei mondi possibili», dice Sonia a Boris, ammirando la perfezione delle foglie secche autunnali, in Amore e guerra, divertentissimo film di Woody Allen. Pochi istanti dopo arriverà la notizia dellʼinvasione della Russia da parte delle truppe napoleoniche.

Una simile situazione di disillusione sembra stia vivendo lʼOccidente, in particolare i Paesi dellʼEuropa occidentale, nel volgere di questi ultimi tre anni e mezzo. Altri Paesi del mondo non si cullavano in quella convinzione. Cʼè da domandarsi se essa non sia legata più alle condizioni socio-economiche di certe aree del mondo che non a un principio metafisico.

La frase del film è la sintetica affermazione del principio-base della Teodicea – cioè del discorso sulla giustizia di Dio – di Leibniz, grande filosofo tedesco del 17° secolo. Il problema è questo: se Dio è buono, giusto e perfetto, come giustificare la presenza del male nel mondo, ben evidente e diffusa? Perché mai Dio, che potrebbe impedirla, non lo fa? Non si tratta solo del male morale imputabile allʼarbitrio umano, come nelle guerre, ma anche delle incomprensibili sofferenze che la natura stessa infligge agli individui: malformazioni gravi, mostruosità, epidemie, carestie, cataclismi, ecc.

Leibniz risponde in questo modo: poiché Dio è perfetto, non può creare un mondo assolutamente perfetto, perché così creerebbe un altro Dio, un altro se stesso. Il mondo creato è allora il migliore fra quanti Dio può crearne: quello la cui quantità complessiva di male è la minore possibile affinché esso non sia Dio ma esprima comunque, imperfettamente, la perfezione del suo creatore. Viviamo non in un mondo perfetto, come ci aspetteremmo, ma nel migliore possibile.

Quanto questo ottimismo sia accettabile da coloro che patiscono quella “minima” quantità di male – gli immani orrori materiali e morali che vediamo ogni giorno nel mondo – lascio giudicare a chi legge.

Pochi decenni dopo Leibniz, Voltaire smontò quel principio nel suo romanzo Candide. Nellʼ800, Schopenhauer sostenne che questo è addirittura il peggiore dei mondi possibili: appena un poco peggiore di così e non potrebbe sussistere. Le armi atomiche paiono confermarlo…

Uno dei più celebri personaggi di Dostoevskij, Ivan Karamazov, asseriva che nessuna felicità universale è accettabile se edificata sulle lacrime innocenti di un bambino. LʼOccidente benestante sembra ricordarsene solo ora, dopo un lungo oblio. Non è molto, ma può rendere il mondo un poʼ migliore.

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