Il 27 gennaio del 1945 vennero abbattuti i cancelli del campo di sterminio di Auschwitz, uno dei più famigerati. Per questo la “giornata della memoria”, in ricordo della Shoah che fece molti milioni di vittime di religione ebraica – uomini, donne, bambini – viene celebrata proprio in questa data.
Ci piace qui ricordare un pensiero, o meglio una poesia, che per molto tempo venne attribuita al drammaturgo Bertolt Brecht, ma che in realtà pare sia stata scritta dal teologo e pastore protestante Martin Niemöller.
Niemöller infatti – dopo aver inizialmente sostenuto il Terzo Reich – si rese conto del suo grave errore di valutazione e aderì alla Chiesa Confessante, ovvero quella corrente della chiesa protestante tedesca (alla quale appartenne anche il più noto Dietrich Bonhoeffer, altro pastore e martire del nazismo) che affermava che gli insegnamenti cristiani non potevano essere sottomessi all’ideologia nazista e sosteneva con forza che la chiesa aveva il dovere di opporsi all’ingiustizia politica. Divenne così un fermo oppositore di Hitler, e per questo venne anche deportato a Dachau.
Vogliamo con queste sue parole ancora oggi ricordarci e ricordare che, da cittadini e da cristiani, la libertà degli altri è anche la nostra, e che quella esistente in un determinato Paese si misura proprio da come tratta le sue minoranze – religiose, etniche, culturali – si tratta di una battaglia che la chiesa valdese combatte da sempre, non solo per se stessa ma anche per gli altri.
Prima vennero per gli ebrei
e io non dissi nulla, perché non ero ebreo.
Poi vennero per i comunisti
e io non alzai la voce, perché non ero comunista.
Poi vennero per gli omosessuali,
e io non dissi nulla, perchè non ero omosessuale.
Poi vennero per i sindacalisti,
e io non alzai la voce, perché non ero sindacalista.Poi vennero a prendere me.
Ma non era rimasto più nessuno
che potesse alzare la voce e dire qualcosa.