«…tutti furono riempiti di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, come lo Spirito dava loro di esprimersi. Or a Gerusalemme soggiornavano dei Giudei, uomini religiosi di ogni nazione che è sotto il cielo. Quando avvenne quel suono, la folla si raccolse e fu confusa, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua.» (Atti 2, 4-6)
L’evento di Pentecoste avviene alla presenza di una folla multilingue e multiculturale. Lo Spirito di Dio, descritto come vento impetuoso, investe i presenti, e mentre gli uni si scoprono capaci ad esprimersi in altre lingue, gli altri, ciascuno e ciascuna, sentono parlare nella propria lingua natia. Per comprendersi perciò non c’è bisogno di omologazione, di una stessa lingua, del pensiero unico. Pentecoste con il miracolo della comprensione, della comunicazione fra persone appartenenti a culture diverse succede in mezzo alle diversità , senza uniformarle o cancellarle.
Babele – secondo il racconto biblico diventata cifra simbolica per la confusione di lingue e culture – rimane un dato di fatto, non si torna indietro, ad un’umanità monoculturale di un’unica lingua; le nostre diversità , linguistiche, culturali, religiose e aggiungerei di genere non vengono affatto superate o annientate. Ma lo Spirito di Pentecoste, senza pretendere uniformità e assimilazione, ci permette di accoglierci, di comprenderci e di metterci in relazione in e con le nostre differenze.