Una riflessione del teologo e presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, Daniele Garrone, in occasione della Giornata della memoria
Torre Pellice, 26 Gennaio 2022
La Giornata della memoria non deve rimanere una sorta di monumento isolato che si visita a scadenze annuali, ma deve ricordarci un impegno costante. Impegno, in primo luogo, a vigilare ogni giorno sulle manifestazioni del mai sopito antisemitismo, sul diffondersi delle parole d’odio, sul degrado del confronto pubblico tra posizioni e identità diverse.
C’è però anche il necessario lavoro di studio della storia, di ciò che ha condotto alla Shoah, di ciò che l’ha consentita, appoggiata o minimizzata. C’è la necessaria fatica di guardare criticamente alle nostre spalle e dentro di noi, per poi dirigere lo sguardo verso ciò che può accadere oltre il momento che viviamo.
C’è il dovere di fare ogni giorno la nostra parte per continuare sulla strada intrapresa da chi l’orrore aveva visto e vissuto e ha detto “mai più!”
Nella cosiddetta era dei social la discussione tende a diventare un’esternazione impulsiva di umori, percezioni e sentenze in attesa di riscontri e di plauso, sempre pronti a reagire con veemenza contro affermazioni che non ci piacciono. Fatti, analisi di dinamiche complesse, ragionamenti, autocritica: tutto questo passa in secondo piano nella solitudine e nell’immediatezza delle reazioni. Chi ha bisogno di consenso si prodiga per intercettare umori, malumori e amplificarli con la propaganda. Nei tempi bui, talvolta drammatici, che noi viviamo si sente sempre più il bisogno di individuare dei bersagli, di avere dei nemici su cui scaricare problemi e paure.
In tutto questo vi sono, a parte il salto di qualità tecnologico, analogie con il clima che negli anni Venti e Trenta del secolo scorso portò al fascismo e al nazismo e al consenso che questi regimi ebbero. Dunque sta a noi oggi decidere se andare alla deriva o impugnare il corso delle cose con la cultura, la consapevolezza, la critica, il senso della storia e la politica. Credo che questa responsabilità di reagire ed essere vigili sia una delle eredità cui ci chiama la Giornata della memoria.