La dichiarazione della Diaconia Valdese in merito alla necessità di non dimenticare i più vulnerabili in questa fase di emergenza
Torre Pellice, 20 Marzo 2020
Il SIGNORE fece loro grazia, ne ebbe compassione e fu loro favorevole a causa del suo patto con Abraamo, con Isacco e con Giacobbe; e non li volle distruggere; e, fino a ora, non li ha respinti dalla sua presenza. II Re 13,23
Sono giorni difficili, giorni in cui ci confrontiamo con le nostre fragilità , personali e collettive: rinchiusi in casa, bloccati in una bolla di inattività e distanza, in ansia per i nostri cari e per quanti tra noi sono invece costretti per lavoro a uscire e mettersi a disposizione degli altri: autoferrotranvieri, membri delle forze dell’ordine, personale della grande distribuzione. Soprattutto infermieri, medici, operatori socio-sanitari ed educatori. In questi giorni il nostro pensiero è rivolto a tutte queste persone. Non possiamo, d’altra parte, dimenticare chi vive peggio di noi: quanti si trovano in mare, senza nessuno che presti loro soccorso; i profughi ammassati alle frontiere o nei campi dell’Europa. Il nostro pensiero inoltre è rivolto a quanti e quante vedono ulteriormente peggiorata la loro condizione a causa della diffusione del virus contro il quale stiamo combattendo: a chi vive per strada e non ha più i servizi minimi di cui usufruiva; a chi vive nelle baraccopoli e nei campi nomadi; a chi si trova rinchiuso in luoghi insalubri e sovraffollati, come i CPR, o le carceri. La Diaconia Valdese fa proprie le ragionevoli richieste avanzate al Governo della Repubblica dalla Cgil, da Antigone, dall’ANPI, dal Gruppo Abele, dall’ARCI, affinché la gravissima situazione di sovraffollamento delle carceri possa trovare una soluzione: perché le persone ammalate, anziane, fragili che vivono dietro le sbarre possano scontare le loro pene fuori dagli istituti. Perché il contagio non giunga lì dove sarebbe più difficile gestirne le conseguenze per chi già oggi fatica ad accedere alle cure.
Dobbiamo e possiamo combattere il virus considerandoci come una comunità unica, che non esclude e si prende cura, anzitutto, della sua parte più debole. In questo vogliamo seguire l’esempio di nostro Signore che accolse ed andò incontro all’orfano, alla vedova, all’ammalato e al lebbroso svelando il volto umano di quanti e quante incontrava, rendendoci testimoni di una guarigione che era ed è anzitutto restituzione di dignità sociale a chi era prima nella sofferenza e nel dolore.