Intervista al vescovo della Chiesa riformata della Transcarpazia
Torre Pellice, 21 Dicembre 2022
Sándor Zán Fábián, pastore della Chiesa riformata della Transcarpazia (Ucraina), è stato recentemente rieletto alla carica di vescovo della sua chiesa. La Chiesa riformata della Transcarpazia è costituita da circa 140.000 membri e un centinaio di chiese locali, raccogliendo gran parte della minoranza ungherese in Ucraina. Risalente al XVI secolo, è la chiesa evangelica più antica del paese.
Lei fa parte di una piccola minoranza di un paese che è stato attaccato da un altro più grande e più forte. Prima di tutto, come stanno e come si sentono le chiese riformate e i suoi membri?
È già importantissimo che vi stiate interessando a noi. Questo significa che ci pensate e pregate per noi. Le nostre chiese negli ultimi mesi di guerra hanno affrontato molte difficoltà. Il 15% dei membri di chiesa è fuggito, cercando rifugio altrove e sul nostro territorio sono rimasti ben pochi uomini in età da servizio militare. Ma ci sono gli anziani e le giovani madri con i loro figli.
I primi tre-quattro mesi sono stati difficili, perché dovevamo prenderci cura dei rifugiati, un compito impegnativo. Oggi, al 15 dicembre, non ve ne sono molti in Transcarpazia. La nostra situazione è la stessa dell’Ucraina occidentale. Spesso non c’è elettricità, la fornitura dell’acqua e del riscaldamento funziona a singhiozzi. Si percepisce un impoverimento generale dovuto all’inflazione. I membri della nostra chiesa sono per lo più anziani le cui pensioni sono molto basse. Diverse persone non ricevono più di 50 euro al mese. Le contribuzioni non sono cambiate di tanto, ma vi è stata una perdita significativa del potere di acquisto.
Anche il numero dei bambini che partecipano alla scuola domenicale e al catechismo è diminuito di circa il 15-17%. A causa della loro assenza la nostra visione per il futuro è triste. Siamo grati però che tutti i pastori siano rimasti nelle proprie comunità. Anzi, un giovane pastore è tornato a casa dall’Ungheria per svolgere il proprio ministero in Ucraina. In questi tempi di guerra i membri di chiesa sentono ancora di più che hanno bisogno gli uni degli altri, che tutti sono importanti e preziosi. C’è bisogno di coesione per accorgersi di chi è in difficoltà, dei malati, delle persone sole.
Come si sente lei?
Spesso mi rendo conto di aver paura. Ho paura della terza guerra mondiale, dell’uso di armi di distruzione di massa. Avverto un grande sentimento di responsabilità nei confronti dei membri della mia famiglia, dei pastori, delle monitrici e dei membri di chiesa a me affidati.
Gli svariati impegni fanno dimenticare la paura, e la speranza e la fede riemergono. Spero che il nostro lavoro non sia vano né nelle nostre comunità, né nel sostegno dei rifugiati, e che gli aiuti umanitari che continuano ad arrivare attraverso di noi possano giungere a destinazione. Credo che ogni prova affrontata ci renda più forti e che Dio non ci dia pesi più grandi di quelli che possiamo sopportare. Credo nella salvezza attraverso la mia fede in Gesù, per la grazia del Dio Padre.
Abbiamo sentito esprimere opinioni molto diverse tra loro da parte di alcuni responsabili di chiese sulla guerra in corso in Ucraina. È ancora possibile chiedere una pace giusta, pregando e operando per essa, senza cadere nella trappola delle ideologie imperialiste e nazionaliste?
Non sono un politico ed è difficile formulare la mia posizione. Posso condividere quello che vedo, penso e sento. L’Ucraina è diventata una vittima delle grandi potenze mondiali.
Le persone che vivono qui soffrono perché le politiche egemoniche senza scrupoli di Russia e America hanno creato una situazione in cui uno Stato molto giovane in cerca della propria identità rischia di essere distrutto.
Ci sono molte cose che hanno funzionato male in questo paese, tuttavia questo rimane il nostro paese. Purtroppo le nostre sorti sono decise dalle grandi potenze, che pensano ai propri interessi.
Vorrei vivere in un paese libero e indipendente dove tutte le persone, a prescindere dalla nazionalità e dalla religione, rispettino la dignità umana.
La soluzione può giungere dal Creatore del mondo! Egli può donare la pace senza nazionalismo e imperialismo. Isaia 42,8 dice: “Io sono il Signore, questo è il mio nome; non darò la mia gloria ad un altro, né la mia lode agli idoli.”
Purtroppo, alla luce di questo passaggio, l’Ucraina ha cattive prospettive, perché qui da noi si glorificano gli eroi. Abbiamo bisogno di un risveglio spirituale da tutte le parti perché la potenza russa, anche se in modo diverso, è sulla strada sbagliata: giudica e distrugge, vestendo i panni di paladini della giustizia.
Che cosa possono fare i protestanti europei a favore di una pace giusta in Ucraina?
Intanto, dobbiamo chiedere con fede umile in preghiera (poichè questa guerra non sarà l’ultima nella storia dell’umanità) che la pace possa essere raggiunta il prima possibile. Il messaggio di Natale è anche un insegnamento perfetto per tutta l’umanità.
Il racconto del Natale nel Vangelo di Luca contiene il censimento, che era un segnale di forte tensione internazionale tra l’impero romano e il regno dei Parti, ma anche il coro degli angeli: “Gloria a Dio negli alti cieli e pace in terra agli uomini ch’egli ama” (Luca 2:14); cioè mentre le potenze del mondo si preparavano alla guerra, la gloria di Dio per la nascita di Cristo è associata alla pace in terra. Abbiamo bisogno di condividere con lei i suoi pensieri e le sue speranze su questo.
Fino a quando gli esseri umani danno gloria a se stessi, o vivono, lavorano, fanno la guerra, ci saranno sempre agitazione, distruzione o guerra sulla terra o in quei paesi dove il Creatore e il Salvatore Gesù Cristo sono rifiutati.
Non è possibile separare, se non al prezzo di conseguenze drammatiche, le cose celesti e quelle terrene.
Senza Dio non c’è pace, perché dove l’essere umano comincia a sentirsi onnipotente, distrugge e uccide. Gesù è nato e il Verbo si è fatto carne. Dio ha collegato l’altissimo cielo con la terra e ha riconciliato l’umanità attraverso Gesù. Che ogni persona possa avere un Natale benedetto.