«O uomo, egli ti ha fatto conoscere ciò che è bene; che altro richiede da te il Signore, se non che tu pratichi la giustizia, che tu ami la misericordia e cammini umilmente con il tuo Dio?»
«Non faccio niente di male». È la giustificazione che si sente spesso da parte di chi, ben conscio di non fare proprio tutto quello che potrebbe fare, difende la sua tranquillità disimpegnata. Ma c’è anche chi si sente sempre in colpa per non aver fatto abbastanza. Certo, non esiste una misura fissa del buon operato. Può esistere per le mansioni lavorative, non certo per i doveri verso il prossimo: chi può mettere un confine all’azione ispirata dall’amore? Tuttavia un orientamento esiste, e consiste nel bene che Dio ci ha fatto conoscere attraverso i suoi comandamenti; un bene che non resta nel vago, ma si concreta in precise linee di azione: la giustizia, la misericordia, il comportamento umile.
La pratica della giustizia non è riservata ai giudici, perché per giustizia qui si intende il fare bene ciò che si sta facendo, in modo che non crei danno, ma renda solida e anche piacevole la convivenza. È strettamente legata alla misericordia, quella prontezza nello stare a fianco di chi è debole, di chi sbaglia o cade, che non va da sé; anzi, risulta impegnativa, si preferirebbe evitarla, perché è più facile limitarsi a fare il proprio dovere, senza preoccuparsi di quello che fanno o non fanno gli altri. La misericordia va amata, dev’essere oggetto di una cura speciale.
È chiaro quindi che essenziale è la terza condizione: camminare, procedere, contando sulla guida di Dio, come i discepoli camminavano seguendo Gesù. Umilmente: il che non vuol dire tenere la testa abbassata, ma tenerla sveglia, attenta all’ispirazione che viene da Dio.