«Chi non prende la sua croce e non viene dietro a me, non è degno di me. Chi avrà trovato la sua vita la perderà ; e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà »
L’invito alla sequela che ci rivolge Gesù è davvero duro e ci spaventa. Il vero discepolo dev’essere pronto al martirio pur di testimoniare la propria fede? Certamente questo è uno dei significati del testo, ma le parole di Gesù ne contengono anche un altro. La croce che Gesù ci invita a portare non è la sua, ma la nostra. La nostra croce è l’assunzione piena della responsabilità della nostra vita. Tutto ciò che siamo dev’essere presentato al Signore nella certezza che Lui lo accoglierà e lo trasformerà attraverso il suo perdono. Farsi carico del proprio lato oscuro non solo non è semplice ma anzi può essere anche molto doloroso.
Dio, però, ci invita rivolgerci a Lui senza timore, anzi aprendoci con piena fiducia e ci restituisce, riscattando la nostra mediocrità , un senso nuovo, più ampio e significativo della nostra esistenza. Quello che siamo e quello che saremo è la croce da portare: accolti ma rinnovati, siamo chiamati a intraprendere un viaggio alla ricerca del Cristo per poter trovare, al termine, anche il nostro vero io. Non ci sono scorciatoie, e non c’è nessuno che possa alleggerirci dal peso della nostra croce. Noi siamo la nostra croce, non possiamo separarci da essa. Gesù, dunque, ci chiede di essere responsabili di noi stessi fino in fondo, così come ha fatto lui, con il sentimento fiduciale, però, che Dio accompagna ogni passo.