«Giuseppe, destatosi dal sonno, fece come l’angelo del Signore gli aveva comandato e prese con sé sua moglie.»
La marginalità è una sorta di penombra che nei nostri tempi viene temuta come una specie di condanna. Se non appari, non sei.
Già al suo primo presentarsi nella pagina biblica, all’interno della genealogia di Gesù, Giuseppe fa un passo indietro verso quel margine laterale che connoterà la sua partecipazione alla narrazione: “Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale nacque Gesù”. Giuseppe abbandona da subito il palcoscenico e lascia spazio a un figlio speciale, un figlio che non è suo ma di cui si occuperà con amore.
Alla fine del lungo elenco di padri che hanno fatto la storia ebraica, Giuseppe avrebbe potuto avere il ruolo di protagonista nell’evento straordinario che sta per essere narrato, invece silenziosamente slitta verso il margine. Silenziosamente, sì, perché di Giuseppe non conosciamo la voce; Giuseppe ascolta ma non risponde. Noi udiamo l’angelo del Signore parlare con Giuseppe, non conosciamo però la risposta del falegname di Betlemme. Lo vediamo solo agire da credente, ai margini dell’evento. Giuseppe infatti non mette in atto la sua volontà iniziale, il ripudio, ma risponde con obbedienza a una chiamata.
Nella storia della salvezza l’unica modalità di essere credenti è fare la propria volontà solo quando si compie la volontà del Signore. Questa obbedienza ad una vocazione ricevuta, quest’obbedienza realizzata fuori dai riflettori, questa obbedienza che porta a compimento il significato della propria vita, Giuseppe ce la indica con chiarezza e semplicità .