«Sua madre teneva tutti questi fatti nel suo cuore» (Luca 2,51b)
Nel racconto di Luca, in contrasto con il racconto di Matteo, Maria parla, commenta, risponde ai messaggi che le sono rivolti. Se in Luca 1,38 – “Ecco, sono la serva del Signore. Mi accada secondo la tua parola” – Maria appare decisa, prima discepola, invece nell’episodio che conclude il racconto dell’infanzia di Gesù, confrontata col suo figlio dodicenne, Maria è meno determinata.
Maria e Giuseppe sono andati a Gerusalemme con Gesù per la celebrazione della Pasqua. Nel cammino di ritorno a casa, i genitori si accorgono che Gesù non è con loro. Tornati a Gerusalemme, lo ritrovano in dialogo con i dottori della legge, meravigliati della sua saggezza. All’espressione della preoccupazione e dell’angoscia di sua madre, Gesù risponde in modo tale – “Non sapevate che io devo stare nella dimora di mio Padre?” (Luca 2,49) – che, dice Luca, non capirono. L’intero racconto dell’infanzia di Gesù si conclude su questa incertezza di Maria e Giuseppe, che contrasta con la sicurezza della prima risposta data all’angelo dell’Annunciazione.
Di ritorno a Nazareth: “Sua madre teneva tutti questi fatti nel suo cuore” (Luca 2,51b). Le traduzioni dicono anche “conservava”, “serbava”. Non si tratta solo di tesaurizzare dei ricordi, ma anche di valutare, riflettere, preoccuparsi. Se questo “meditare” fosse stato detto a proposito di una figura maschile, Pietro o Giovanni Battista per esempio, i commentatori, dice Beverly Gaventa(1), avrebbero identificato una prima riflessione teologica in atto. Trattandosi di Maria, madre di un figlio dodicenne, l’interpretazione è riferita ai sentimenti e agli affetti. Eppure questo momento di fermo riflessivo, per meglio focalizzare il significato degli avvenimenti, è ripetuto due volte. Già dopo la venuta e la proclamazione del “Gloria” dei pastori nella notte di Natale, Luca ci dice che “Maria conservava tutte queste parole meditandole in cuor suo” (Luca 2,19). In questo modo Luca introduce un bisogno di riflessione e anche un’incertezza in Maria e nel suo uditore/lettore. Che cosa e come capisce? Che cosa farà ? Persisterà nel suo discepolato? Oppure come altri abbandonerà ? Se per Maria la domanda rimane aperta fino all’inizio del libro degli Atti (1,14) dove la ritroviamo con gli apostoli poco prima della Pentecoste, per l’uditore della storia di Natale, l’invito ad una pausa di riflessione, alla meditazione sul senso per la vita degli avvenimenti raccontati rimane aperto e sempre attuale.
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(1) GAVENTA, Beverly Roberts, «”All Generations Will Call Me Blessed”: Mary in Biblica and Ecumenical Perspective», PSB 18 (1997), 257.