ArticoliIl Vangelo ci parla

Marco 13, 28. 34-36

«Ora imparate dal fico questa similitudine: quando i suoi rami si fanno teneri e mettono le foglie, voi sapete che l’estate è vicina. Così anche voi, quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, alle porte … È come un uomo che si è messo in viaggio, dopo aver lasciato la sua casa, dandone la responsabilità  ai suoi servi, a ciascuno il proprio compito, e comandando al portinaio di vegliare. Vegliate dunque perché non sapete quando viene il padrone di casa … perché, venendo all’improvviso, non vi trovi addormentati»

“Dal fico imparate la similitudine”. Nella Bibbia può capitare che un fico insegni. Ma cosa mai ci può insegnare un fico?
A differenza degli altri alberi della Palestina, esso perde le foglie nel periodo invernale, e per questo la sua trasformazione in primavera è particolarmente spettacolare ed è un segno dell’arrivo del tempo del raccolto: “Quando il suo ramo si fa gonfio di umori e mette le foglie, voi capite che l’estate è vicina”… “Imparare dal fico” allora, vuol dire saper fare come lui: essere per gli altri una promessa di frutti abbondanti e gustosi. Gesù insomma ci chiede che ci facciamo per gli altri la promessa che egli verrà  e che la sua venuta non sarà  “morte e distruzione”, ma lo splendore dell’estate: sole, caldo, profumi, luce, frutti, in un’abbondanza vertiginosa. Sì: la venuta di Gesù al compiersi dei tempi non è una minaccia (e come potrebbe esserlo?), ma il compimento delle promesse di Dio!

In questa prospettiva luminosa va letta anche la parabola del padrone parte per un lungo viaggio e affida la sua casa ai propri servi. A ciascuno il suo incarico: ognuno in quella casa riceve il proprio compito, ognuno ha il suo lavoro che gli occupa il suo tempo. Ma c’è ancora di più: ognuno riceve la sua “responsabilità “. Il padrone cioè ha fiducia nei suoi servi e dà  a ciascuno di scegliere lui stesso il modo che gli sembra il migliore per assolvere al suo compito.

Insomma, ognuno qui riceve il suo “presente” da vivere: il tempo per agire responsabilmente in maniera libera ma anche responsabile, perché un giorno il padrone tornerà  e vorrà  vedere quello che abbiamo fatto, e come l’abbiamo fatto.

C’è qui come una dialettica fra il nostro tempo e il tempo del Signore: il nostro tempo è il presente, il suo è l’avvenire. Ma da quell’avvenire che è il suo tempo il Signore dà  luce al nostro tempo. Il presente che ci viene donato dobbiamo organizzarlo e viverlo in funzione del futuro di Dio. È l’opposto di come oggi viviamo il rapporto fra un presente che sentiamo sfuggirci fra le dita e un futuro che ci colma di paure.

Dovremmo, almeno noi cristiani, ricordarci che noi abbiamo un futuro che non è uno spauracchio ma una luce, perché il nostro futuro sarà  Gesù che viene coi colori dell’estate, e che questo futuro già  dà  senso al nostro presente, gli dà  scopo e contenuto.

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