«Quando gli angeli se ne furono andati verso il cielo, i pastori dicevano tra di loro: “Andiamo fino a Betlemme e vediamo ciò che è avvenuto, e che il Signore ci ha fatto sapere”. Andarono in fretta, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E, vedutolo, divulgarono quello che era stato detto loro di quel bambino.»
Dopo aver dato lode al Signore, dopo che i pastori nei campi di Betlemme li hanno uditi cantare: Gloria a Dio nei luoghi altissimi, e pace in terra agli uomini che egli gradisce”, gli angeli se ne vanno, e c’è il silenzio, e il buio torna a avvolgere ogni cosa. Ma i pastori non tornano a vegliare il loro gregge. Lasciano tutto e vanno a Betlemme, a “vedere quel che è avvenuto e che il Signore ha loro rivelato”. Sì,”vanno in fretta e trovano il bambino nella mangiatoia”, e con lui i genitori.
Un bimbo appena nato, e suo padre e sua madre: una scena normale.
Non ci si fa mai caso, ma quando con i pastori arriviamo alla mangiatoia del piccolo Gesù, i prodigi ormai sono finiti. Non c’è più qui “la gloria del Signore” che splende e intimorisce, non ci sono legioni di angeli e cieli aperti e cori celestiali. Qui c’è soltanto il buio di una notte uguale alle altre notti, e un uomo e la sua donna ed il loro piccolo: una famigliola come tante altre…
Pure, c’è “meraviglia” e c’è stupore, e si dà gloria a Dio. Ma da che cosa viene questo?
Viene da loro, viene dai pastori. Noi siamo sempre portati a pensare che nel racconto di Natale i pastori siano solo spettatori dell’evento divino. Non è così. Sono molto di più. Sono i protagonisti.
Sono proprio i pastori che portano a Betlemme, non il formaggio o gli agnelli del presepe, ma la gloria che li ha abbagliati e le parole dell’angelo sul bambino appena nato, e le note del canto della “pace per gli uomini che Dio ama”. Quella gloria, quelle parole e quelle note che non ci sono più, che sono tornate al cielo assieme agli angeli, ma che ci sono ancora, perché ce le hanno loro, le portano negli occhi, nel sorriso e nell’anima…
Le portano, e le donano. Le donano a quel padre e quella madre che non hanno avuto l’apparizione angelica e adesso – e solo adesso – ne ascoltano il racconto dalla bocca di quei pastori. Pensate quanto è strano tutto questo! Spesso noi ci diciamo che Dio non ha mandato la sua rivelazione ai ricchi, ma ai più poveri fra i poveri: appunto ai pastori, uomini disprezzati ed abbrutiti. Ma Dio non ha mandato gli angeli nemmeno a Giuseppe e nemmeno a Maria. O meglio, ha mandato loro altri angeli: proprio i nostri pastori di Betlemme. Angeli strani, angeli senza ali, angeli “di seconda mano”, ma certo anch’essi veri angeli del Natale!
È grazie a loro che adesso Maria sa che l’annunciazione ha dato il suo frutto, che quel bambino che ha appena partorito è “il Salvatore, il Cristo, il Signore”! E ora lo guarda con occhi diversi, e se continua a fare per il figlio tutto quello che una madre deve fare, però anche conserva dentro sé le parole dei pastori: le “medita in cuor suo”.