Intervista alla senatrice a vita in occasione del 17 febbraio
Torre Pellice, 13 Febbraio 2020
Ogni anno attorno al 17 febbraio – data che ricorda l’elargizione dei diritti civili ai valdesi nel 1848, pochi giorni prima che gli ebrei ottenessero le stesse libertà – i protestanti italiani osservano la Settimana della Libertà affrontando temi legati ai diritti, alla laicità e all’impegno sociale. La Federazione delle chiese evangeliche in Italia ha scelto come tema di quest’anno quello dell’antisemitismo nella convinzione che esso non sia mai venuto meno ma si stia rinfocolando sia in Europa sia in Italia. Dell’esigenza di essere vigili contro ogni forma di discriminazione nei riguardi delle minoranze abbiamo voluto parlare con Liliana Segre, senatrice a vita, sopravvissuta allo sterminio nazista e appassionata testimone di quelle tragiche vicende.
Lei ha vissuto l’esperienza terribile dei campi di concentramento nazisti ed è rimasta una delle poche testimoni di quell’orrore. Teme che quella tragedia, in Italia o in Europa, possa ripetersi?
Escludo che possa riprodursi uno scenario paragonabile agli anni Trenta del secolo scorso, in Europa sono mutate le condizioni politiche. Ma il “cigno nero” esiste in natura anche se è imprevedibile.
I segnali di un nuovo imbarbarimento dei comportamenti e degli umori c’è. Evidentemente gli anticorpi contro “la stagione più buia” hanno perduto di efficacia. La lezione di Primo Levi è sempre valida.
A proposito di Primo Levi, lei gli ha riconosciuto la capacità di trovare le parole per esprimere l’origine e le conseguenze di quell’odio. Cosa ha da insegnare uno come lui ai giovani di oggi?
La sua lezione è attualissima, inchiostro fresco. È una fonte inesauribile di saggezza. Basterebbe assorbire la sua lezione sulla memoria. Gli antichi direbbero che “costituisce memento”.
Lei ha affermato: «Io non perdono e non dimentico, ma non odio». L’odio è sempre una sconfitta?
L’odio è la più feroce delle sconfitte, è una perdita secca. È un anti-sentimento paragonabile a un parassita infestante. Quando attacca i gangli vitali di un sistema, sia esso il corpo umano o la società , crea shock. La cura non sempre è disponibile in natura…
C’è chi, in nome della libertà di pensiero, rivendica la possibilità di proclamare e diffondere le parole del proprio odio. Quando è che il libero pensiero diventa discriminazione?
Il libero pensiero è sempre legittimo. Questo è il sale della democrazia. Occorre tuttavia armonizzare questo principio con altri passaggi. Il sistema sta in equilibrio, come ci spiega la nostra amatissima Costituzione, quando le libertà individuali non urtano, non vanno in rotta di collisione con i principi fondamentali. Il faro resta l’articolo 3.
La concessione dei diritti civili a Valdesi ed Ebrei è un esempio di come l’identità religiosa non sia un buon motivo per negare i diritti fondamentali delle persone. Quali sono oggi le categorie più a rischio di discriminazione?
Riparto dall’articolo 3. I rischi sistemici possono essere corretti attraverso l’uso sapiente delle carte che ci orientano. Come cittadini italiani ed europei possiamo confidare e fidarci delle nostre “Leggi fondamentali”. Non mi stancherò mai di ripeterlo, la protezione passa per la buona applicazione della Costituzione e della Carta europea dei diritti fondamentali. Entro quella cornice non c’è pericolo. Lunga vita alle buone leggi, cattedrali di libertà .