«L’Eterno parlò ancora a Mosè sul monte Sinai, dicendo: “Parla ai figli d’Israele e di’ loro: Quando entrerete nel paese che io vi do, la terra osserverà un sabato di riposo per l’Eterno.”»
Per comprendere appieno il significato del nostro testo dobbiamo riflettere sul nostro ritorno a Dio, sul valore che diamo a ciò che ci circonda, sul senso del tempo e del suo scorrere nelle nostre vite.
La Bibbia ci insegna che è necessario “smettere” (in ebraico shabbat) e che il primo a farlo fu Dio nell’atto del creare. Dietro a un gesto apparentemente banale c’è un grande atto di cura.
La terra in cui affondi le mani concilia lo spirito; il profumo dell’erba bagnata del mattino ti entra dentro; l’acqua in cui ti immergi, ti rigenera.
Sono azioni e istanti che Iddio aveva previsto e nel donare la terra a una coppia così diversa (un lui e una lei) era già inscritto un percorso di confronto per l’impegno comune alla cura di essa.
Ma il “noi” implica lavoro sulla relazione mentre l’umanità non riflette abbastanza sul fatto che questo nostro inanellamento, questo esserci nel tempo, è ciclico. Noi siamo posti in relazione con Dio e con il Creato nel tempo e nella storia e Dio ci invita a sentircene pienamente parte in modo strutturato e strutturante per le nuove generazioni.
Iddio crea e smette e fu shabbat. Anche il contadino smette e osserva il campo a fine giornata.
I versi di oggi parlano dello shabbat della terra, la Shemittah, quando la terra riposa dalla presenza umana.
Abbiamo bisogno di un tempo di memoria per maturare l’importanza di ristabilire la giustizia del Creatore. È infatti nei quarant’anni nel deserto, in un’apparente bolla temporale, che il popolo riceve una legge su un monte, il Sinai, che vuole ristabilire gli equilibri e ci dona il comandamento nel Libro per ricordare.
Non è un caso che una grandissima quantità di leggi di Israele siano legate alla terra, all’ ordine agricolo: esse traggono ragione e motivo dalla terra! Oggi, a causa del nostro distacco, il creato ci impone di essere risanato dalla nostra presenza.
Il nostro shabbat è ritorno spirituale a Dio. L‘anno sabbatico non è il riposo della terra ma il ritorno della terra al suo Creatore. Nel 2021, in piena pandemia, la terra abbandonata celebra la sovranità d’Iddio: rinasce ed esplode con tutta la sua potenza rigenerante e vuole divenire memoria di insegnamento sul presente. Il tempo è giunto e conosciamo la via. Possesso della terra è sinonimo, nella fede, di cura.
Viviamo con coraggio il tempo che Iddio ci sta donando cercando di capire quali percorsi intraprendere per un ritorno pieno alla Vita.