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La vocazione alla testimonianza delle Chiese metodiste

L’annuale Consultazione metodista, momento di riflessione delle Chiese metodiste italiane, si terrà  presso il Centro di Ecumene (Velletri) dal 29 al 31 maggio. Quest’anno cade il quarantesimo anniversario del “Patto d’integrazione” tra le Chiese metodiste e le Chiese valdesi in Italia da cui è nata la Chiesa evangelica valdese – Unione delle Chiese metodiste e valdesi. Abbiamo intervistato Alessandra Trotta, presidente del Comitato permanente dell’Opera per le Chiese evangeliche metodiste in Italia (OPCEMI), sulle prospettive della Consultazione e sull’anniversario del Patto d’integrazione.

Quest’anno cade il quarantesimo anno del “Patto d’integrazione” tra le chiese metodiste e quelle valdesi. A 40 anni da quel momento fondativo, qual è la riflessione oggi?
Il patto è un fatto consolidato nella vita delle nostre chiese. Siamo uniti da 40 anni con profonda convinzione e questo è un fatto assodato, che ha determinato per le Chiese metodiste e valdesi il camminare insieme in stagioni importanti della vita del nostro paese. Ci siamo anche modificati reciprocamente in questa storia, e questa è la bella potenzialità  del patto. Oggi, per esempio, l’apporto che stanno dando un gran numero di fratelli e sorelle, in gran parte metodisti, provenienti da diverse parti del mondo, ha ulteriormente modificato e arricchito la vita delle nostre chiese, e fornisce un’occasione per alimentare questo patrimonio importante di storia, esperienza, spiritualità , da parte delle Chiese metodiste.

Come si svolgerà  e su quali temi verterà  la Consultazione metodista nell’anno dell’anniversario del Patto d’integrazione?
Cercheremo di raccogliere al meglio stimoli e suggestioni di questo anniversario per riattualizzare uno dei contenuti più preziosi del Patto: l’idea che i valori, le caratteristiche, le storie e le esperienze di ciascuno siano dei doni da coltivare a beneficio dell’intero corpo della Chiesa. Ci confronteremo, dunque, su come oggi valorizzare al meglio le risorse (materiali e spirituali) di cui le Chiese metodiste dispongono, mettendo in movimento i nostri doni per l’arricchimento della missione della nostra unione. E lo faremo attraverso gruppi di discussione su alcuni temi tipici del movimento metodista: la santificazione sociale; il discepolato e la leadership; la comunione nelle differenze (fellowship in controversy); il ruolo della musica e del canto nella chiesa, la storia locale e l’impegno contestuale. Non mancheranno momenti importanti di culto, canto e preghiera, fino alla conclusione con il Culto di rinnovamento del Patto, una tradizione antichissima del movimento metodista, in cui quest’anno la parola Patto, biblicamente molto pregnante, risuonerà  con una emozione particolare.

Che cos’è la comunione nelle differenze?
La comunione nelle differenze è la riflessione su cosa significhi accettare che la Chiesa sia il luogo dove si può vivere insieme, in profonda comunione, pur avendo su alcuni temi, anche importanti, opinioni differenti che partono dal modo in cui si legge la Bibbia. Non poco per un credente! Accettare l’idea che si possa leggere la Bibbia in modo diverso, e quindi confrontarsi con la fondamentale autorità  del testo, della Parola, ricavandone conclusioni differenti, e ciononostante non mettendo in discussione il fatto che si è in comunione, profonda. Anzi, la Chiesa in questo deve essere profetica, può dire qualcosa anche alla società .
Sul tema lavora anche la Chiesa metodista britannica, e parteciperà  alla Consultazione, dando il suo contributo, il segretario generale di questa Chiesa, il rev. Martin Atkins, che in questi giorni sta visitando i luoghi di “Mediterranean Hope“, il progetto della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (FCEI), tra Lampedusa e Scicli (RG).

Come vivono oggi, nel 2015, la loro missione le Chiese metodiste in Italia?
Le chiese metodiste e valdesi sono oggi dei laboratori che affrontano un momento di transizione, parallelamente a quanto avviene nella società  italiana. Piccole chiese che affrontano non poche difficoltà , eppure vogliono continuare a essere testimoni nel luogo dove abitano, in un dialogo aperto con il contesto sociale e culturale con il quale si confrontano nel loro territorio. Per esempio in una città  come Scicli, in continuità  con una storia importante e riconosciuta di testimonianza in momenti fra i più cruciali per la vita del nostro Paese, la comunità  metodista vive oggi un rinnovato impegno con la “Casa delle culture” del progetto “Mediterranean Hope”. Saranno diverse le sfide di una comunità  del Veneto o del Centro Italia, ma questa “vocazione alla testimonianza attenta e vigile” all’interno del proprio contesto e della propria città  è sicuramente una parte importante del patrimonio metodista. Una ricchezza per il futuro.

Tratto da NEV – Notizie evangeliche del 27 maggio 2015

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