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La visita di Sergio Mattarella, cornice di un Patto

Il Presidente della Repubblica ha partecipato, a Roma, alla celebrazione dei centotrent’anni della chiesa metodista di via XX Settembre

Una chiesa accogliente e illuminata dalle vetrate di Paolo Paschetto e una mostra allestita nel salone all’ingresso del tempio di via Firenze sono stati gli ingredienti della bella giornata che ha ricevuto la visita del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, sabato scorso alla celebrazione dei centotrent’anni dell’edificio di culto metodista di via XX Settembre a Roma.

Ad accoglierlo all’ingresso del civico 38 di via Firenze – che ospita gli uffici dell’Opera per le chiese evangeliche metodiste d’Italia (Opcemi), della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) e della Tavola valdese, c’erano Luca Anziani, presidente dell’Opcemi, Alessandra Trotta, moderatora della Tavola valdese, Laura Nitti, presidente del Consiglio di chiesa, la pastora Mirella Manocchio e Eliad Dos Santos, coordinatrice del progetto missionario «Breakfast Time». Una giornata di festa, per il tempio che condivide l’affaccio su via XX Settembre – dal suo ingresso principale con l’astante caserma dei Corazzieri, a poca distanza dal Quirinale. Dopo la visita alla mostra sull’edificio e sull’impegno della chiesa metodista italiana, il presidente Mattarella ha raggiunto il tempio.

La storia metodista in Italia ha bisogno di essere guardata, conosciuta: «Nutrita, in quanto visione, presenza, ricca di speranza per il futuro», ha ricordato Alessandra Trotta dopo l’Inno nazionale eseguito dai cori della chiesa metodista di Roma e della Chiesa metodista coreana. «Ci riuniamo in una data significativa, quella del 20 settembre, che centotrent’anni fa, nell’anno dell’inaugurazione di questo tempio, diventò – e rimase per pochi decenni – festa nazionale. Questa data rimane significativa per le chiese evangeliche in Italia e il suo significato è racchiuso in un’immagine fortemente suggestiva: quella del carretto di Bibbie, uno tra i primi “mezzi” a entrare dalla breccia aperta nel 1870, trainato da un cane condotto da un colportore evangelico incaricato di diffondere quelle Sacre scritture che fino a quel momento a Roma era stato vietato possedere, leggere, perché ritenute pericolose nelle mani delle persone comuni, senza mediazioni sacerdotali. Una breccia di libertà che ha consentito al nostro Paese di progredire nella costruzione della sua unità, non sul fondamento di chiusure nazionalistiche cementate da uniformità religiose culturali, ma su ideali universalistici di uguaglianza, pluralismo e di diritti umani posti alla base di un patriottismo in cui oggi possiamo tutti riconoscerci, quello costituzionale».

Le chiese metodiste nel nostro Paese hanno sempre «coniugato con attenzione la testimonianza evangelica e la passione per la nascita dell’Italia unita per la difesa della libertà, per la democrazia – ha detto Luca Anziani –. La Sua presenza oggi – ha proseguito rivolgendosi alla prima carica dello Stato – acquista così, per noi, un significato del tutto particolare e desideriamo confermarle che continueremo, insieme alle altre chiese evangeliche, a partecipare con passione e cura alla costruzione del bene comune, dove nessuno sarà mai escluso». Citando poi un discorso tenuto da Mattarella a Genova in occasione degli 80 anni della Liberazione, nel quale il presidente disse: «Non possiamo arrenderci all’assenteismo dei cittadini dalla cosa pubblica, all’astensione degli elettori, a una democrazia a bassa intensità», Anziani ha ribadito: «Le assicuro che il popolo degli evangelici non si arrenderà a una democrazia a bassa intensità e parteciperemo, per quanto potremo, a sostenere in ogni modo il patto democratico nel nostro Paese e in Europa insieme alle nostre chiese sorelle. Patto che ci lega alla parola di Dio che, con il profeta Geremia, dice: Cercate il bene della città (29, 7)».

Un bene che vive nella città da centotrent’anni: «Non casualmente, dal 20 settembre 1895, ovvero venticinque anni dopo la Breccia di Porta Pia», ha ricordato la pastora Manocchio, che ha proseguito: «Gli evangelici romani ogni anno ricordano con un culto di riconoscenza al Signore gli accadimenti storici del 20 settembre 1870 che segnarono l’inizio della libertà religiosa nella capitale e un punto cruciale nella storia dei rapporti tra lo Stato italiano, la Chiesa cattolica apostolica romana e le minoranze religiose già presenti sul territorio italiano. E sarà una minoranza religiosa a costruire tutto l’edificio in cui ci troviamo oggi. Opera della missione metodista episcopale che, a dieci anni di distanza da quella metodista inglese wesleiana giungerà in Italia stabilendosi tra il 1871 e il 1873 in piccoli centri ma soprattutto in grandi città come Roma, dove già nel 1875 si inaugura un locale di culto e che sarà anche luogo di confronto dialettico per intellettuali evangelici, e non, uomini e donne particolarmente legati agli ideali del Risorgimento. Oggi – ha ribadito Manocchio – non siamo qui a celebrare unicamente un importante anniversario per la vita della nostra chiesa, ma per dar conto di quello che è stato il lungo e faticoso cammino della testimonianza evangelica metodista nel nostro Paese e quindi della libertà religiosa, tema quanto mai attuale […]».

E di libertà religiosa ha parlato anche il prof. Paolo Naso introducendo gli interventi storici predisposti in collaborazione con il Centro di documentazione metodista. «Falliti i grandi sogni post-risorgimentali di un’Italia protestante – ha ricordato – e incoraggiati dalle missioni britannica e statunitense, i metodisti dovettero fare i conti con un forte pregiudizio antiprotestante, radicato nell’idea di un’Italia massicciamente cattolica, al massimo disposta a prendere atto delle storiche presenze ebraica e valdese, sia pure considerandole come “accidenti” della storia, più che espressione di un vero pluralismo religioso. […] All’inizio del secolo scorso la strategia evangelistica metodista si differenziò: nelle aree urbane si cercò il dialogo con i settori borghesi più liberali, illuminati e cosmopoliti; con personalità cattoliche come Ernesto Bonaiuti che trovò sostegno materiale e attenzione teologica proprio tra i metodisti. Parte di quella elaborazione teologica e culturale insieme – ha evidenziato Naso –, fu l’idea che gli evangelici italiani dovessero presentarsi come “componente” di una società plurale e democratica e non più – o non solo – come “minoranza”, sia pure accettata e riconosciuta».

Infine, un appello: «Signor Presidente, ci permetta di affidare a Lei la nostra viva preoccupazione ripensando a questi centotrent’anni di storia, all’eredità spirituale che il metodismo offre all’Italia nell’intreccio fecondo tra la predicazione della Parola di Dio e le parole laiche della democrazia, della laicità, della giustizia sociale, di un patto di cittadinanza inclusivo, aperto anche a chi arriva in Italia per lavorare, studiare, sopravvivere a guerre e violenze. Che queste parole oggi non rischino di essere svuotate dei loro significati, di essere banalizzate o addirittura negate nella loro valenza costitutiva», ha concluso Naso.

A sorpresa il presidente Mattarella, al termine del primo ciclo di interventi (con le testimonianze sull’attualità della comunità metodista italiana-filippina e sulla vita della comunità metodista coreana) ha preso la parola: «Le visite del presidente della Repubblica sono sempre regolate da un cerimoniale preciso, e non era previsto che io prendessi la parola, ma ho deciso di prenderla per ringraziare per la vostra accoglienza, per formulare gli auguri per i centotrent’anni per l’edificazione della chiesa metodista di Roma. Soprattutto, voglio ringraziarvi per il contributo significativo che avete dato alla vita della nostra Repubblica».

La mattinata si è conclusa con la gratitudine di aver condiviso una visita storica del Presidente Sergio Mattarella e con il canto dell’inno del coro della chiesa metodista coreana How Great Thomas Art, la giornata si è chiusa con un culto e la predicazione del pastore Luca Anziani.

Foto: Quirinale.it

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