Nelle chiese metodiste, la settimana che precede Pasqua (quest’anno dal 29 marzo al 4 aprile), è chiamata settimana di rinuncia, e tradizionalmente era dedicata alla preghiera, al digiuno, al dono dei propri risparmi ai poveri, secondo l’impostazione del metodismo fin dalle sue origini.
Essa affonda infatti le sue radici nella storia stessa del movimento, che nacque nella prima metà del XVIII secolo dall’azione riformatrice del pastore anglicano John Wesley, e che fin dagli inizi ebbe i suoi cardini nello studio del testo biblico, nella preghiera e nell’attenzione ai più bisognosi (carcerati, poveri, bambini abbandonati, donne) e ai problemi sociali esplosi in modo drammatico in Gran Bretagna con la rivoluzione industriale.
Il movimento giunse in Italia a metà dell’Ottocento, quando nel 1859 il pastore William Arthur vi si recò per un primo viaggio per conto della Wesleyan Methodist Missionary Society, e vi si radicò nel 1861 quando i pastori inglesi Richard Green e Henry Piggot diedero inizio alla Missione metodista wesleyana nella neonata Italia, con le prime tappe a Firenze, Ivrea, Milano, Napoli, ed estendendosi poi anche al Veneto, dove nel 1869 fu aperta la Scuola teologica per la formazione dei predicatori a Padova.
Oggi le chiese metodiste sono una realtà consolidata, che dal 1975 fa parte dell’Unione delle Chiese metodiste e valdesi in Italia insieme alla Chiesa valdese, e mantengono l’impegno originario in molte forme, tra cui anche la settimana di rinuncia, che si esprime attraverso il gesto di generosità e gratitudine verso coloro che hanno predicato l’Evangelo nelle varie chiese. Infatti le offerte raccolte confluiscono nel “Fondo Pensioni”, realizzato per le pensioni dei pastori emeriti (cioè non più in servizio) e delle vedove.
28 marzo 2015