Nel primo giorno del terzo mese da quando furono usciti dal paese d’Egitto, i figli d’Israele giunsero al deserto del Sinai … Mosè salì verso Dio e il Signore lo chiamò dal monte dicendo: «Parla così alla casa di Giacobbe e annuncia questo ai figli d’Israele: Voi avete visto quello che ho fatto agli Egiziani e come vi ho portato sopra ali d’aquila e vi ho condotti a me. Dunque, se ubbidite davvero alla mia voce e osservate il mio patto, sarete fra tutti i popoli il mio tesoro particolare…».
Esodo 19, 1 . 3-5
Quando in Esodo 3 Dio si è rivelato a Mosè e gli ha ordinato di tornare in Egitto, e Mosè ha balbettato: “Chi sono io per andare dal faraone e far uscire dall’Egitto i figli d’Israele?”, il Signore ha ribattuto: “Va’, perché io sarò con te. E questo sarà il segno che sono io che ti ho mandato: quando avrai fatto uscire il popolo dall’Egitto, voi servirete Dio su questo monte”. È così sicuro che Mosè riuscirà a liberare Israele, perché in realtà sarà Dio stesso a farlo, che già gli fissa l’appuntamento: quando tutto sarà fatto, Israele e Mosè ritorneranno al Sinai. Adesso eccoli lì. E Mosè, sale sul monte e il Signore gli parla: “Voi avete visto quello che ho fatto agli Egiziani e come vi ho portato sopra ali d’aquila e vi ho condotto a me”.
È così: gli Israeliti lo hanno visto annientare con la forza dell’aquila che s’avventa sulla preda, il faraone, che era re ed era un dio davanti al quale tutti dovevano prostrarsi. Dio però non poteva non vincere, ed ha vinto, e insieme a lui Israele; e quella che era una massa di schiavi è diventato un popolo di liberi. E adesso è lì, davanti a lui, come la sua “proprietà particolare”, perché Dio l’ha scelto e lo ha amato, e gli ha fatto conoscere il suo nome. Valeva più di tremila anni, e vale oggi per noi.