La croce, luogo di dolore e sacrificio, diventa anche il segno supremo dell’amore di Dio per l’umanità
Gesù richiama l’episodio del serpente di bronzo (Numeri 21,4-9) per spiegare la sua missione: “Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che il Figlio dell’uomo sia innalzato” (Giovanni 3,14-15). Nel deserto, chi guardava il serpente con fede era guarito; così la croce diventa segno di redenzione.
Il Paradosso della Croce
In Giovanni, il verbo “innalzare” racchiude un duplice significato: indica sia la crocifissione sia l’esaltazione gloriosa di Cristo. La croce, luogo di dolore e sacrificio, diventa anche il segno supremo dell’amore di Dio per l’umanità. Tuttavia, non tutti accolgono questa salvezza. Gesù stesso porta un giudizio: la sua presenza e il suo sacrificio mettono ogni persona di fronte a una scelta inevitabile, quella tra la luce e le tenebre, tra l’accoglienza del dono di Dio e il rifiuto della sua grazia.
Scegliere la luce
Giovanni ci dice che la fede non è un’adesione intellettuale, ma è obbedienza al proprio Signore. Qui si gioca la differenza tra credere in Cristo e credere nel mondo. Siamo chiamati, chiamate a un’obbedienza radicale alla verità, che significa scegliere la luce, anche e soprattutto in tempi come quelli in cui viviamo: la verità non è più solo rifiutata, è capovolta; la giustizia non è solo ostacolata, è trasformata in ingiustizia sistemica; l’oscurità non è solo uno stato di ignoranza, ma un programma politico, culturale ed economico per mantenere il potere. Di fronte a tutto questo, l’Evangelo è chiaro: seguire la luce e darne testimonianza. Accogliere la verità anche quando essa costa. Restare fedeli alla giustizia anche quando sembra che il mondo premi il suo contrario. Chiederci da che parte stiamo, a chi stiamo obbedendo, e assicurarci di obbedire a Cristo e non al mondo.