Si è svolta a Praga, il 5-6 luglio una celebrazione per ricordare il 600° anniversario della morte sul rogo di Jan Hus: la sua figura è stata presa a emblema di molte battaglie di libertà , e inoltre era la prima volta che si poteva celebrarla: chiediamo di raccontarci l’evento al pastore Jens Hansen, che vi ha partecipato per la Tavola valdese.
«Non avevo mai fatto caso che il 600° anniversario della morte di Hus fosse il primo a essere celebrato, ma non poteva essere altrimenti. Teoricamente si potevano celebrare già i 400 anni nel 1815, perché dopo le “Lettere patenti” di Giuseppe II d’Austria del 1781, la fase della persecuzione e dell’esilio era finita. Fu comunque chiaro, all’avvicinarsi del 1815 che, nonostante la tolleranza, le celebrazioni non erano permesse. Per il 1915 da tempo erano stati preparati grandi eventi, anche perché per il sentimento nazionalistico cecoslovacco Jan Hus era una figura centrale. Ma lo scoppio della Prima Guerra mondiale cancellò il “sogno” delle manifestazioni. L’unico ricordo possibile fu la costruzione del monumento a Jan Hus sulla piazza centrale della città vecchia. E con la liberazione della Cecoslovacchia dall’Austria dopo la Guerra, Jan Hus ben presto diventa un eroe nazionale.
Quelle della settimana scorsa sono state celebrazioni in grande stile: oltre 80 ospiti dalle chiese partner, celebrazioni parallele nella città di Costanza, luogo del Concilio e del rogo, e Praga con scambio di delegazioni; oltre 55 eventi, di cui 18 per gli ospiti internazionali, concentrati in due giorni fra culti, concerti, discussioni, podium, e – questo è molto significativo – celebrazioni divise fra quelle della Repubblica Ceca e quelle organizzate dalla Chiesa evangelica dei Fratelli Boemi in collaborazione con la Chiesa cecoslovacca hussita. Tutta Praga in festa e, da non dimenticare, la Banca nazionale Ceca che conia una moneta d’oro del valore di 10.000 corone (ca. 400 euro) per Jan Hus».
La figura di Hus è stata fatta propria, nel ricordo, anche dalla componente cattolica: qual è la sua interpretazione di questo fenomeno?
«Jan Hus è una figura centrale per la popolazione ceca e di conseguenza anche per la chiesa cattolica. È stato emblematico il sermone dialogico fra la pastora evangelica Romana ÄŒunderlàkovà¡ e il vescovo della chiesa vecchio cattolica, DuÅ¡an Hejbal che inizia proprio così:
“R.C.: Il maestro Jan Hus, un predicatore carismatico della Parola di Dio in lingua ceca, un discepolo fedele di Cristo, un Riformatore della chiesa che prepara la strada anche a Martin Lutero.
D.H.: Il santo Jan Hus, un prete cattolico, adoratore dell’eucaristia, veneratore della Madre di Dio, che ha scritto molti inni sulla Madonna. Non è sempre la stessa persona?”.
L’intervento del cardinale Vlk, già arcivescovo di Praga, presente ufficialmente per la Santa Sede, ha sottolineato l’importanza di Hus. Significative le parole della lettera di papa Francesco che il cardinale ha letto durante il culto di chiusura nella piazza proprio accanto il monumento di Hus e l’affermazione del cardinale stesso che il Concilio ha fatto un errore, condannando Hus. Ciò è in piena linea con gli sviluppi della chiesa cattolica nei confronti di Jan Hus. Già nel 1996 il cardinale Vlk aveva affermato che la condanna contro Hus doveva essere revocata. Una piena riabilitazione non sembra più impossibile. Il tutto fa vedere che Jan Hus ha un’importanza particolare per tutti i cechi».
Che riferimento è stato Jan Hus per i cristiani in Cecoslovacchia (allora Cecoslovacchia) nel periodo del regime comunista?
«Il legame c’è senza dubbio. Con la creazione della Cecoslovacchia nel primo dopoguerra nasce anche il desiderio di una chiesa nazionale indipendente che trova la sua realizzazione nella Chiesa cecoslovacca hussita. All’inizio è solo una chiesa cattolica che celebra la messa non più in latino, oggi è una chiesa pienamente evangelica, che già dal 1947 consacra le donne. Fa parte della Comunione delle Chiese evangeliche in Europa (Leuenberg). Durante il regime comunista proprio la Chiesa hussita diventa una sorta di foglia di fico per i comunisti, che praticano una politica fortemente contraria alle chiese. In seguito alla “primavera di Praga” del 1968, la Chiesa hussita può aprire una facoltà di Teologia a Praga. La Chiesa dei Fratelli boemi invece è molto critica verso il regime comunista ed è presente nei movimenti di opposizione. Il regime comunista prende Jan Hus come rivoluzionario ante litteram e lo integra nella sua ideologia usando il forte riferimento di Hus alla verità (pravda)».
Gran parte del programma di queste celebrazioni ha avuto carattere musicale, con concerti di genere molto vario: che cosa si può dire di questo aspetto?
«La gioia nazionale si è vista alla fine della serata conclusiva quando l’Orchestra sinfonica di Praga ha eseguito Blanik, del ciclo La mia patria di Bedrich Smetana (1824-1884, massimo compositore cèco, ndr). Per me invece, un momento molto denso è stata l’esecuzione dell’oratorio Johan Hus di Carl Loewe (1796-1869), un’opera poi dimenticata. Il 6 luglio è stata presentata la prima volta in assoluto a Praga. Il canto della verità , la cantata Per onorare il maestro Jan Hus di Jaroslav Krček, che riprende il “Credo” di Jan Hus, canti popolari a suon di cornamusa, mostrano la popolarità di Jan Hus anche nella musica».
La radicalità evangelica di Jan Hus e la sua visione di una chiesa che risponda solo alla Verità contenuta nella Scrittura, parlano ancora oggi ai nostri contemporanei?
«Dal punto di vista strettamente ecclesiastico potrei essere tentato di dire un chiaro no, visto che la Repubblica Ceca è il paese europeo più secolarizzato d’Europa – nemmeno il 25% della popolazione appartiene a una chiesa. Le mie esperienze a Praga, invece, mi hanno insegnato il contrario. Hus viene ammirato, la verità è una parola importante. Vorrei condividere qui alcune parole che ho scambiato dopo la presentazione dell’installazione architettonica sul muro della Cappella di Betlemme di Praga. Quando c’è il sole, l’installazione fa sì che la parola pravda (Wahrheit in tedesco) venga proiettata sul muro della Cappella. Un giovane studente cèco mi racconta: la verità per me è molto importante. Certo Jan Hus parlava della verità biblica, io non la conosco. Per me oggi verità significa autenticità , sincerità , un dire e un fare congrui ai propri principi. Questa verità alla fine ci unisce ed è la base di una società aperta e sana».
10 luglio 2015