«Le tenebre coprono la terra e una fitta oscurità avvolge i popoli; ma su di te sorge il Signore e la sua gloria appare su di te.»
Indirizzata per la prima volta alla comunità israelitica che, verso la fine del VI secolo avanti Cristo, cercava faticosamente di ricostruire Gerusalemme e di darsi un’organizzazione, questa parola potrebbe oggi essere interpretata dalla comunità cristiana come rivolta a se stessa. Abbiamo celebrato il Natale, ascoltato il Vangelo che dice: «La luce splende nelle tenebre». Lasciamoci dunque illuminare dalla luce di Gesù.
Ma se veramente questa luce ci illumina, se la presenza di Dio sorge come il sole e fa sentire tutta la sua efficacia salutare, allora comprendiamo che non possiamo accaparrarcela. La chiesa non ha l’esclusiva del bene; non ne è neanche la dispensatrice. Se riceve la luce, sente immediatamente che questa luce è per tutti. E lo fa capire.
Le tenebre che avvolgono i popoli non sono più così compatte. Una solidarietà profonda ci lega a quelle e a quelli che si spendono perché la terra sia vivibile per tutti: ai medici che combattono contro l’Ebola, alle maestre e maestri che rendono attrattiva la cultura anche per i ragazzi che stanno per strada, ai musulmani che vogliono dialogare e non tagliare le teste, a quel sindaco del Burkina Faso che cerca di creare posti di lavoro perché i suoi concittadini non debbano emigrare, e a tanti e tante altre che in ogni paese si attivano e attivano per creare condizioni di vita più umane e ci dimostrano che cosa sia un’esistenza luminosa.