«Io, il Signore, ti ho chiamato secondo giustizia e ti prenderò per la mano; ti custodirò e farò di te l’alleanza del popolo, la luce delle nazioni, per aprire gli occhi dei ciechi, per far uscire dal carcere i prigionieri e dalle prigioni quelli che abitano nelle tenebre».
Ecco il carcere come luogo di speranza e di annuncio della libertà . Un versetto che ci parla di una nuova umanità , rinnovata, dove il cuore di pietra è stato strappato e sostituito con il cuore di carne, dove le tenebre sono spazzate via e la luce illumina ogni cosa. Un versetto che ci promette un patto dove Dio stesso ci prenderà per mano e come figli e figlie ci condurrà alla libertà .
Una libertà che è annunziata a coloro che sono prigionieri nel carcere e a coloro che abitano nelle tenebre della “casa di prigionia”, come dice letteralmente il testo ebraico.
Mai come in questo nostro tempo, tutta l’umanità scopre il dolore della limitazione della libertà . La necessità e la volontà di evitare il contagio dal virus che sta seminando paura e morte in molti Paesi del mondo, ci “costringe” a rimanere nelle nostre case, evitando spostamenti, in isolamento da amici, parenti, conoscenti. Per molti di noi l’attuale provvisoria prigionia è arricchita dal benessere delle nostre abitazioni, confortata dall’amore dei nostri figli e dei nostri consorti. Per molti altri è fatta di solitudine, silenzio, paura, disperazione. Solo il pensiero che sia provvisoria ci conforta e ci fa sperare che le tenebre si dissolvano e arrivi di nuovo la luce. Una luce fatta di incontri, strette di mano, abbracci, che ci risulteranno ancor più graditi, ancor più desiderati.
La nostra provvisoria mancanza di libertà ci deve far riflettere su cosa significhi la realtà del carcere, di come possa trasformarsi la vita umana quando è chiusa tra quattro mura senza gli affetti e le risorse di cui tutti noi godiamo normalmente.
Ecco allora che la parola di Dio, annunciata dal profeta Isaia, non solo illumina di una luce nuova la nostra esistenza, ma diventa annuncio di libertà spirituale per coloro che non saranno presto liberi dalle “catene” come lo saremo noi. Cosa possiamo fare per loro? Liberiamoli dai nostri giudizi, dalla nostra condanna, dal nostro cuore indurito e affidiamoli a Dio l’unico che può farli sentire liberi anche dentro le mura di un carcere.