Sono passati dieci anni da quando una delegazione dell’allora Alleanza riformata mondiale (ARM), rese visita a un papa; allora era Benedetto XVI. Nel frattempo la storica unificazione tra il Consiglio ecumenico riformato e l’ARM, avvenuta nel 2010, che ha dato luogo alla Comunione mondiale di Chiese riformate (WCRC), «Ha offerto – a detta di papa Francesco – un esempio tangibile di avanzamento verso il traguardo dell’unità dei cristiani ed è stata di incoraggiamento per molti nel cammino ecumenico».
Dopo tanti anni, venerdì 10 giugno, una delegazione della WCRC ha fatto nuovamente visita in Vaticano da papa Francesco, che in udienza ha ricevuto la delegazione guidata dal pastore Jerry Pillay, presidente della Comunione mondiale delle Chiese riformate; il pastore Chris Ferguson, segretario generale; la pastora Dora Ace Valentin, segretaria esecutiva per la giustizia; la teologa Aruna Gnanadason, consulente per la teologia; la presbitera Gabriela Mulder, presidente dell’Alleanza delle Chiese presbiteriane e riformate dell’America latina e Caraibi; Phil Tanis, segretario esecutivo per la comunicazione della comunione; e per l’Italia il pastore Eugenio Bernardini, moderatore della Tavola valdese (che è membro della WCRC): «Si è avuta conferma – ha dichiarato Bernardini – del clima di sincera e cordiale fraternità . Un interesse per lo sviluppo del dialogo e della condivisione ecumenica che pone al centro il servizio per la giustizia e la pace per contrastare la povertà e il degrado ambientale. Un clima positivo che abbiamo potuto avvertire sia in occasione dell’incontro con papa Francesco sia in quelli avvenuti con i due dicasteri vaticani, il Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani e il Pontificio Consiglio per la giustizia e la pace».
Concetto espresso anche ai giornalisti intervenuti, poco dopo l’udienza papale, in una conferenza stampa promossa nella Sala Marconi della Radio vaticana insieme a segretario e presidente della Comunione delle Chiese riformate, dal presidente della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (FCEI), pastore Luca Maria Negro e padre Federico Lombardi, direttore della Sala stampa vaticana. Pillay ha ricordato ai giornalisti intervenuti che «molti passi in avanti sono stati compiuti nel dialogo», ribadendo l’urgenza di proseguire il lavoro fatto sino a oggi in campo ecumenico, proprio per contrastare «la situazione di indicibile ingiustizia che domina il mondo intero».
L’incontro ha avuto al suo centro la commemorazione comune dei 500 anni della Riforma protestante e la promozione di testimonianza cristiana, ribadita a più voci. Il pastore Negro e Chris Ferguson hanno rilevato infatti quanto «la relazione tra giustificazione e giustizia sia uno dei capisaldi teologici della tradizione riformata e come la lotta all’ingiustizia economica, ecologica e di genere sia intesa dalla WCRC e dalle chiese evangeliche italiane come un’espressione viva della fede cristiana». Ne è testimonianza la Confessione di Accra (patto per la giustizia economica ed ecologica siglato in Ghana nel 2004), approvata in occasione dell’assemblea generale dell’allora Alleanza riformata mondiale nel 2004.
Sui 500 anni della Riforma anche papa Francesco ha detto parole importanti in occasione dell’udienza: «Dobbiamo anzitutto essere grati a Dio per la nostra fraternità ritrovata», ha detto. Tale fraternità – ha proseguire citando Giovanni Paolo II – «non è la conseguenza di un filantropismo liberale o di un vago spirito di famiglia, ma si radica nel riconoscimento dell’unico battesimo e nella conseguente esigenza che Dio sia glorificato nella sua opera. In questa comunione spirituale – ha concluso Francesco – cattolici e riformati possono promuovere una crescita comune per servire meglio il Signore».
La visita della delegazione della WCRC, ha sottolineato padre Lombardi, «è stato un altro elemento da aggiungere alla prospettiva ecumenica del pontificato di Francesco». Il moderatore Bernardini, infine, ha sottolineato l’impegno ecumenico che ha portato le Chiese metodiste e valdesi, la FCEI e la Comunità di sant’Egidio a promuovere insieme il progetto dei «corridoi umanitari» che ha già portato in Italia, in modo sicuro e legale oltre duecento profughi prevalentemente siriani dal Libano, proprio «nello spirito di quell’ecumenismo della concretezza sulla cui urgenza tutti convergono».
Tratto da Riforma del 17 giugno 2016