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I rapporti tra chiese in un mondo che cambia

Consultazione promossa dalla Chiesa evangelica dell’Hessen-Nassau in occasione dell’insediamento della nuova presidente Christiane Tietz

Tarik Bersama! È con queste parole che i pescatori dell’Indonesia si esortano a vicenda nel momento in cui devono recuperare le reti gettate sull’acqua per la pesca giornaliera. È con queste parole che il presidente della Chiesa evangelica di Minahasa, grande chiesa indonesiana di tradizione riformata, ha voluto descrivere l’impegno comune che deve guidare le chiese cristiane nella ricerca dell’unità.

Alla ricerca dell’unità – i rapporti tra chiese in un mondo che cambia e che pone delle sfide: è questo il titolo dell’incontro promosso dalla Chiesa evangelica dell’Hessen-Nassau che, in prossimità dell’insediamento della nuova presidente della chiesa, nell’ambito di un culto svoltosi a Wiesbaden domenica 26 gennaio, ha voluto convocare per quattro giorni di discussione, scambio, canto e condivisione, tutte le chiese con cui ha rapporti di collaborazione, per un confronto sui temi centrali di questa cooperazione e sulle modalità per proseguirla nel futuro.

Un momento di festa, l’insediamento della nuova presidente della chiesa, Christiane Tietz, che ha assunto formalmente il proprio incarico il 1° febbraio, dopo il lungo mandato del predecessore, Volker Jung, a molti noto per la sua fedele presenza al Sinodo delle chiese metodiste e valdesi. Tietz ha insegnato per lunghi anni in diverse facoltà teologiche sui due lati dell’Oceano e nell’autunno scorso è stata eletta per il nuovo incarico: una scelta che segnala la consapevolezza della sua chiesa dell’importanza di una solida formazione teologica, che non è una noiosa appendice di cui si può fare a meno ma la base imprescindibile per accompagnare e orientare la vita della chiesa. Nel corso del culto di insediamento, vari rappresentati delle chiese partner, tra cui la moderatora della Tavola valdese, Alessandra Trotta, hanno partecipato alla liturgia: una sottolineatura del fatto che lo sguardo della chiesa nel mondo contemporaneo deve avere ampia apertura, nella consapevolezza delle sfide comuni a cui le chiese sono chiamate, pur testimoniando in contesti molto diversi.

Questo medesimo spirito ha animato i quattro giorni successivi, nel corso dei quali i partecipanti alla consultazione hanno avuto l’opportunità di conoscersi, discutere e condividere momenti di culto e canto. La cornice dell’incontro è stata la Tagungshaus Martin-Niemöller, un centro conferenza della Chiesa evangelica dell’Hessen-Nassau, importante sotto più punti di vista per la chiesa regionale. In primo luogo, è stata una delle prime strutture della chiesa, sede di una importante accademia evangelica, che ha ospitato fin dal dopoguerra incontri e seminari di formazione. In tal senso, è in quelle stanze che, nel 1957, vengono formulate le tesi di Arnoldshain (il villaggio in cui si trova il centro), che costituiscono uno dei tasselli più significativi sul cammino di quella che, nel 1973, sarà la Concordia di Leuenberg, che permette di dichiarare la comunione ecclesiale tra le chiese che si riconoscono nell’eredità della Riforma. In secondo luogo, perché è dedicata al primo presidente della Chiesa dell’Hessen-Nassau nel periodo post-bellico: Martin Niemöller. Figura di spicco della Chiesa confessante, arrestato per volontà diretta di Hitler, sarà nel dopoguerra attivo non solo nella propria chiesa ma anche nel movimento ecumenico. Su una delle pareti d’ingresso del centro conferenze, spiccano alcuni titoli di giornale della sua epoca: non sempre si tratta di parole elogiative. Inducono però a considerare che vi è stata un’epoca – non lontana nel tempo – in cui la chiesa non aveva bisogno di fare una elaborata riflessione su che cosa significasse “fare” una teologia pubblica. Semplicemente, la faceva e questa – con entusiasmo o critica – veniva (ac)colta.

Difficile provare a riassumere le quattro giornate di discussione. Sarà bene concentrarsi su alcuni singoli aspetti. Nella prima giornata, l’attenzione si è rivolta ad alcuni temi classici del rapporto tra le chiese cristiane, nel quadro del dibattito ecumenico. Puntuale e ben articolata la relazione dell’attuale coordinatrice della Commissione fede e costituzione del Consiglio ecumenico delle chiese, Stephanie Dietrich, che ha ricordato come proprio l’anniversario di Nicea inviti a rinnovare una concentrazione sul discorso teologico, che non dovrebbe essere tralasciato nel dialogo tra chiese. Non si tratta solamente di vivere insieme l’annuncio dell’Evangelo o il servizio, ma anche di avere l’umiltà di riconoscere nell’altro interlocutore l’autentica presenza della chiesa. Espressione non difficile da immaginare concretizzata in un contesto di chiese protestanti, un po’ meno scontata se si pensa ad altri orizzonti di dialogo. Una successiva presentazione ha illustrato il documento del Consiglio ecumenico delle chiese sul tema dei criteri di discernimento morale nelle diverse chiese. È noto che si tratti di un terreno scivoloso nel rapporto tra le chiese, dove le linee di frattura non sono solamente confessionali ma, spesso, anche geografiche. Per i partecipanti alla consultazione le diverse provenienze geografiche erano particolarmente visibili, considerando che la Chiesa evangelica dell’Hessen-Nassau ha partenariati con chiese dell’America del Nord, dell’India, dell’Indonesia, della Tanzania, del Ghana… L’elenco non è completo, ma rende bene l’idea: in che modo chiese radicate in contesti così differenti parlano tra di loro dei problemi etici. Con fraternità. Senza tacere le differenze (talvolta molto marcate), ma anche senza lasciare spazio alla divisione. La richiesta di un impegno perché si moltiplichino i luoghi in cui, con serenità ma anche con schiettezza e coraggio, si possano chiamare per nome i temi etici che generano un distanziamento tra chiese che collaborano tra loro, è uno degli aspetti forse più significativi della dichiarazione conclusiva redatta nel corso della consultazione.

C’è stato ovviamente anche spazio per la discussione di argomenti di bruciante attualità: in che modo la ricerca dell’unità è messa alla prova dai nazionalismi e dai populismi? In che senso la comune responsabilità verso il creato genera un maggiore afflato all’unità? Sono state alcune voci del Sud globale a invitare a riflettere su questi aspetti: voci che suggeriscono di sollevare lo sguardo da un certo provincialismo europeo, che si considera ancora troppo centrale quando dovrebbe riconoscere che la partita del cristianesimo si gioca ad altre latitudine. Riconoscere questo non significa tirare i remi in barca, ma essere sempre più consapevoli del carattere minoritario e di diaspora delle fede cristiana nella vecchia Europa. E, in tal senso, riflettere su quali siano gli aspetti più importanti sui quali investire energie di persone e di preghiera.

Significativa la scelta di inviare – in un orizzonte che intendeva sottolineare la presenza di responsabili di chiesa da più parti del mondo – una lettera di sostegno alla vescova Budde, che nel corso del sermone tenuto a Washington nel National Prayer Service aveva rivolto una vibrante critica alle esternazioni del presidente degli Stati Uniti d’America, Donald Trump. Nella lettera, firmata anche dalla moderatora Trotta, si esprime apprezzamento per la fedele testimonianza all’Evangelo, che è risuonata attraverso la voce di Budde, in una situazione in cui, forse, molti altri avrebbero taciuto. 

Non sono mancati momenti di lavoro in gruppo (sempre molto partecipati), momenti di canto (sotto l’eccellente direzione del maestro Stephan Küchler, responsabile per il dipartimento musicale della chiesa regionale, i cui antenati erano valdesi!) e momenti di culto. La consultazione si è conclusa il 30 gennaio con un culto con Santa Cena presieduto dalla vicepresidente della Chiesa, Ulrike Scherf, che ha predicato sul versetto di Luca 13, 29: verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno, e staranno a tavola nel regno di Dio. Inutile dire che tutti i partecipanti hanno avuto l’impressione d pregustare, almeno un po’, il senso di questa promessa. 

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