«Benedetto sia il Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, che nella sua grande misericordia ci ha fatti rinascere a una speranza viva mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una eredità incorruttibile, senza macchia e inalterabile. Essa è conservata in cielo per voi.»
In apertura della sua lettera, Pietro rende grazie a Dio per l’opera della salvezza, ch’egli abbraccia con uno sguardo, dalla sua origine che è la misericordia eterna di Dio, alla sua perfetta realizzazione in Gesù Cristo. La risurrezione di Cristo, la sua vittoria sulla morte, ci ha fatti rinascere a una speranza viva nella risurrezione per la vita eterna. L’aggettivo “viva” permette di distinguere la speranza cristiana da ogni altra speranza umana e da tutto ciò che umanamente si può sperare.
Per quanto la speranza sia una dimensione essenziale dell’esperienza umana, in quanto consente di trovare la forza di vivere, di lottare contro le difficoltà e di guardare al futuro pensandolo migliore del presente, rimane pur sempre un’attesa impaziente e angosciosa di qualche cosa di incerto, che ha più possibilità di non realizzarsi che di realizzarsi. Se la speranza è come un sogno ad occhi aperti, come detto dal filosofo Aristotele, c’è da dire che i sogni difficilmente si avverano.
Pietro parla invece di una speranza viva, che non si iscrive nel calcolo delle probabilità e non può essere distrutta, come le speranze carnali e chimeriche, ma certa e sicura, perché donata da Dio. Una speranza viva perché Cristo è vivo; viva perché rappresenta un possesso anticipato della vita eterna, che secondo l’apostolo Pietro è come un’eredità incorruttibile, senza macchia e inalterabile, conservata in cielo, e infine, una speranza viva perché è parte integrante della nuova vita che inizia con la rigenerazione attraverso il battesimo, la cui fonte inesauribile è la risurrezione di Gesù Cristo dai morti.