«Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come esperto architetto, ho posto il fondamento; un altro vi costruisce sopra. Ma ciascuno badi a come vi costruisce sopra.»
L’apostolo Paolo paragona se stesso ad un esperto architetto. Dubito che Paolo avesse effettivamente questa qualità , probabilmente non sapeva assolutamente come progettare una casa, un palazzo. Ma la costruzione che lo interessa è un’altra. E per questo edificio è necessario avere la stessa cura e attenzione che un architetto ha per quelli fatti di pietre e mattoni. L’architetto poi deve possedere diverse qualità . Deve avere fantasia per realizzare progetti sempre nuovi, deve essere accurato nella descrizione dei particolari, dei dettagli, deve avere uno sguardo che si sa rivolgere al futuro per vedere come già realizzato il suo progetto.
E queste caratteristiche Paolo le possiede in qualità di architetto di un edificio particolare: la comunità dei credenti. Nell’apostolo c’è, tuttavia, la consapevolezza che questa costruzione, questo edificio, non è e non potrà essere il “suo”. Lui può aver gettato le basi, ma saranno altri a continuare ad aggiungere mattoni e pietre. Del resto anche il fondamento che viene collocato, Paolo l’ha ricevuto a sua volta. In questo versetto manca un elemento che, invece, è presente nella nostra vita: l’ansia di vedere ultimato ciò che iniziamo. Vogliamo essere gli unici artefici del progetto al quale diamo il nostro nome, ma sarebbe più opportuno e utile, non solo per noi stessi, ma anche per ciò che vogliamo contribuire a costruire, saper riconoscere di aver bisogno dell’aiuto degli altri, ma soprattutto, del fondamento di Cristo nella nostra vita.