“Questi comandamenti, che oggi ti do, ti staranno nel cuore; li inculcherai ai tuoi figli, ne parlerai quando te ne starai seduto in casa tua, quando sarai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai”.
Deuteronomio 6,6-7
I due versetti proposti ci pongono di fronte non solo all’osservanza dei comandamenti, ma anche alla nostra responsabilità in relazione ad essi, nel mondo intorno a noi e dopo di noi. I comandamenti ti staranno nel cuore, dice il Signore, cioè rimarranno presenti nel luogo che per gli ebrei è il luogo del volere, delle decisioni responsabili, di tutta l’interiorità dell’essere umano. Il cuore riguarda la totalità della persona, è la sede dell’intelligenza e della coscienza, è la profondità nella quale si forma e abita l’identità. I comandamenti, insomma, formano l’essere umano in quanto tale che, proprio per questo, dovrà farli imparare alle generazioni successive, affinché anche a quelle stiano nel cuore. E questo perché l’impegno di fedeltà non è un rapporto individuale, è l’impegno di un popolo che si costituisce attraverso la parola del Signore, attraverso la memoria custodita e tramandata. La presenza del Signore nella vita di fede, nella trasmissione dei comandamenti, trova l’elemento di continuità nella tradizione, cioè nella consegna e trasmissione di quelle parole, senza soluzione di continuità tra le generazioni che si avvicendano nel mondo e nella storia. I versetti ci parlano dunque della presenza imprescindibile del Signore, che nei comandamenti indirizza la nostra vita di credenti, in tutti i momenti della vita, in tutti i momenti della giornata, in tutte le nostre occupazioni, in tutto il nostro vivere. Auguro a ciascuno e ciascuna di noi di sentire la meravigliosa responsabilità della parola del Signore che ci è stata rivolta per la nostra salvezza.