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Guardare al prossimo con occhi diversi

Il paradossale comandamento d’amare il nemico diviene un’esigenza e una necessità che ci spinge e ci muove verso di lui per incontrarlo quale amico

“Io non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo signore; ma vi ho chiamati amici, perché vi ho fatto conoscere tutte le cose che ho udite dal Padre mio. Non siete voi che avete scelto me, ma sono io che ho scelto voi, e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto, e il vostro frutto rimanga”.

Giovanni 15, 15-16

Questi due versetti del Vangelo giovanneo ci dicono qualcosa sull’amicizia e sulla libertà. Gesù dice che l’amicizia è un dono. Il Signore ci elegge, ci eleva allo status di amici, ci dona la conoscenza della sua verità e con ciò ci rende liberi. Un meraviglioso dono che è certamente da praticare, da attuare, da vivere, da gustare, un po’ come la pace, ma che è anche un qualcosa che cambia il nostro essere. Amicizia quale dono non implica il suddividere il mondo in amici e nemici, ma ha a che fare con il guardare al prossimo con occhi diversi, con gli occhi di Cristo Gesù che ha potuto affermare e chiederci di amare anche il nostro nemico. Amare e lasciarsi amare è dinamica relazionale, dinamica di amicizia, che in quanto tale è lo spazio della nostra libertà. Conoscere Dio, quindi, significa abbracciare una conoscenza che libera perché ci pone con lo sguardo di chi sa di essere in e da Dio accettato, giustificato e amato. Un mondo di liberati e liberi amici. Questo è il mondo che Cristo ha inaugurato e al quale siamo chiamati a contribuire. Un dono di libertà che come tale non ci appartiene e pertanto non può da noi essere strumentalizzato a favore di guerre o ideologie. Allora, forse, anche nel nostro contesto attuale, per quanto impossibile e improbabile ci sembri, guardare al dono che ci è rivelato in Cristo significa guardare ai nostri conflitti con occhi diversi. Significa vivere di amicizia e non di inimicizia, di libertà e non di oppressione, di amore e non di indifferenza e insofferenza. È a libertà che siamo chiamati, una libertà che si può vivere laddove c’è riconciliazione, laddove il paradossale comandamento d’amare il nemico diviene un’esigenza e una necessità che ci spinge e ci muove verso il nemico per incontrarlo quale amico. 

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