«Gesù ha detto: IO SONO la luce del mondo. Chi mi segue non camminerà nelle tenebre ma avrà la luce della vita.»
Giovanni riporta due volte l’affermazione di Gesù Io sono la luce del mondo. La troviamo qui, e anche nel capitolo successivo, dov’è narrata la guarigione del cieco nato con tutta la polemica che ne seguì. Nel testo scelto per questa riflessione, l’atmosfera è decisamente polemica, tanto che il capitolo si conclude con la fuga di Gesù, che deve sottrarsi a un tentativo di lapidazione.
L’alternanza luce-tenebre fa parte dell’esperienza di noi tutti, ed è un’alternanza salutare: come affronteremmo la fatica del giorno senza il riposo della notte?
Ma non è di questa alternanza naturale che qui si parla. Qui si parla di un contrasto fra la luce e le tenebre, contrasto del quale è intessuta la nostra vita, poiché alberghiamo nei nostri cuori tanto l’una quanto le altre.
Nel condominio dove abito, vive un anziano signore cieco. Non esce se non con un badante, o con un amico. Da solo non riesce a muoversi, e l’amico o il badante sono come la luce che illumina i suoi passi. Quando lo incontro per strada o sulle scale, o quando vedo qualcuno che va in giro col bastone bianco, mi chiedo come debba esser possibile sopportare la cecità , il buio perenne. Eppure, spiritualmente parlando, è proprio il buio che noi preferiamo, illudendoci che il buio nasconda le nostre malefatte.
Ma Gesù è la luce del mondo… e anche le nostra! Di lui si può dire che mette i nostri peccati nascosti alla luce della sua faccia (Salmo 90,8), ma al tempo stesso si deve dire che Egli illumina il nostro essere e la nostra vita, svelandoci l’amore di Dio e orientando il nostro cammino. Sappiamo che cosa fare e dove andare, senza badanti e senza bastoni bianchi, ma armati della sua grazia che ci rinnova.