«Uscirono e salirono sulla barca; e quella notte non presero nulla. Quando era già mattina, Gesù si presentò sulla riva…»
Un dipinto tragico della realtà umana: in una piccola barca in mezzo ad un mare di incertezze e, allo stesso tempo, gettiamo al buio le nostre speranze. Tutta la notte. Tutta la vita. Non sapendo che pesci pigliare.
Interpellati da uno straniero in riva al mare, i discepoli fanno da portavoce alla tragedia umana. E qui il dipinto diventa una fotografia di estrema attualità …
Quello straniero sulla riva del nostro mare rischia di essere picchiato, che i pescatori scarichino le loro frustrazioni su di lui. Perché mette il dito sulla piaga. Mette il dito sull’essenziale. Siamo ciò che mangiamo. Un pescatore vive di pesce. Se non ne ha, non è nulla: Figlioli, avete del pesce?
Dopo una lunga notte, dopo una lunga vita, dopo una lunga storia, stanchi della fatica, e soprattutto stanchi dei ripetuti insuccessi, sono persino pronti a fare ciò che quello straniero gli dice. Arriva qui, l’ultimo arrivato, e comanda… i discepoli prendono lezioni da uno straniero. Non solo: lezioni di pesca, cioè per loro lezioni elementari di una vita che da esperti pescatori credevano di conoscere meglio di tutti gli altri. E questo sì funziona.
Certo, la fatica è aumentata. Ma ora si lavora con gioia. Ora si lavora con speranza. Per colui che sta sulla riva, sul terreno solido, certo, sulla certezza della terra promessa, all’alba di un nuovo giorno. Ecco, un altro dipinto dell’esistenza umana, quella luce nelle tenebre: un Caravaggio o un Rembrandt…
Guardiamo ancora una volta i due dipinti. Quello della disperata pesca notturna e quello dell’alba con il Signore in riva al mare: non sono due dipinti separati, non sono due storie separate. Venerdì santo e Pasqua non sono separabile l’uno dall’altro.
Se dunque quel quadro d’insieme dipinge la nostra anima, la nostra esistenza, la nostra esperienza è capovolta: se credevamo di essere in mezzo alla vita circondati dalla minaccia della morte, dopo Pasqua dobbiamo ridisegnare la nostra esistenza: siamo in mezzo alla morte, siamo in mezzo al mare della morte, ma circondati dalla vita, dalla riva, dalla terra promessa della vita. La certezza non è la vita, la vita è un gettare le speranze nel mare di incertezze. La certezza è là sulla riva dove ti chiama quel chissachiè, mentre il fratello, la sorella accanto a te ti ricorda che è il Signore.