«Gesù dice: IO SONO la vera vite, e il Padre mio è il vignaiolo… IO SONO la vite, voi siete i tralci.»
Con questa immagine, Gesù sottolinea ad un tempo la sua dipendenza dal Padre e il suo legame profondo con i discepoli.
Gesù usa l’immagine della vite e del vignaiolo per dire che questi è padrone di fare della vite ciò che più gli conviene, senza che la vite si opponga o si sottragga. Ma non si può spingere troppo in là il paragone, perché se Gesù fa la volontà del Padre, la fa non come rassegnato e impotente di fronte a un destino insondabile, ma in una sottomissione piena e consapevole.
E usa l’immagine della vite e dei tralci per dire del legame profondo con cui unisce a sé i discepoli. Come la linfa scorre dalla vite nei tralci vivificandoli e facendo sì che essi portino frutto, così l’amore di Cristo fluisce nei discepoli, diventa in loro forza vitale e fruttificante. Non c’è nulla che i discepoli, tanto come singoli quanto come chiesa, possano realizzare, se non v’è e se non è solido, stabile e durevole il legame col Cristo.
Questo passo non va letto in chiave “mistica”, fantasticando di profondi e gratificanti legami della propria anima con il Signore, librandosi al di sopra delle “miserie terrene”. Queste parole di Gesù aprono i cosiddetti “discorsi di addio”, con i quali egli prepara i discepoli alla separazione da lui e all’attesa di “un altro” consolatore. Questo passo va letto dal punto di vista del discepolato, e delle asperità e dei momenti anche dolorosi che esso può implicare. Non per nulla, quasi tra le pieghe del discorso, Gesù accenna alla possibilità che qualche tralcio non dia frutto, si sottragga cioè alla sua vocazione. E non per nulla sottolinea che i tralci che danno frutto vengono potati perché ne diano di più. In altri termini: la fede si affina nell’ubbidienza e nelle difficoltà . È, in fin dei conti, un invito alla sequela, con l’avviso che si tratta di un cammino che implica la croce.