«Il mio comandamento è questo: amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi»
L’amore reciproco dei credenti è – o dovrebbe essere – il segno distintivo dei discepoli di Cristo: “Da questo – dice Gesù al capitolo 13 di Giovanni – da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se vi amate gli uni gli altri”.
All’inizio dei discorsi di commiato, in 13:34, il comandamento dell’amore viene definito un comandamento “nuovo”. In che cosa consiste la novità di questo comandamento? E’ infatti falso affermare che nell’Antico Testamento manchi il comandamento dell’amore. E allora? La novità sta nell’aggiunta che viene fatta al comandamento dell’amore del prossimo: amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi. Non più: ama il prossimo tuo come te stesso, bensì: ama il prossimo tuo come Gesù ha amato, non del tuo amore ma del suo amore. Il comandamento dell’amore non si fonda sulla nostra capacità di amare, sul nostro amore umano, ma sull’amore di Cristo.
Ma come amare dell’amore di Cristo, visto che noi non siamo Cristo, visto che sappiamo ampiamente dimostrato la nostra incapacità di amare in modo autentico? Il Vangelo risponde al versetto 9: dimorando nell’amore di Cristo; restando in esso, rimanendo radicati in questo amore che non è qualcosa di astratto ma è un concetto relazionale, un rapporto reale, una dinamica d’amore fra il Padre e il Figlio. Restare uniti a Cristo vuol dire entrare in questa dinamica di amore che parte dal Padre nel suo rapporto col Figlio, per arrivare al rapporto del Figlio con i discepoli, fino al rapporto di amore che deve regnare fra i discepoli stessi.
Come è possibile mettere in pratica questo “dimorare nell’amore di Cristo”? Solo abbeverandoci quotidianamente a questa fonte d’amore, attraverso la lettura biblica, la preghiera, la vita comune esplicitamente orientata al crescere nutrendosi insieme del mistero dell’amore di Dio, solo cercando di immergerci in questa corrente d’amore – l’unica che può purificarci dallo sporco del nostro egoismo, della nostra incapacità d’amare.