«Gesù ha detto: IO SONO la risurrezione e la vita. Chi crede in me, anche se muore, vivrà .»
Abbiamo tutti ricevuto, o fatto, una visita di condoglianze. Conosciamo la tristezza che si condivide, la conversazione che va avanti a fatica, nel rimpianto della persona defunta e negli accenni a ciò che siamo stati educati a credere: si risusciterà , un giorno, e ci si ricongiungerà coi nostri cari….
Il cap. 11 dell’evangelo di Giovanni racconta la visita di condoglianze che Gesù fa alle amiche Marta e Maria per la morte del fratello Lazzaro. Gesù è profondamente partecipe del loro dolore, e piange con loro. Da Marta riceve anche un piccolo rimprovero: Se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto. Quante volte, di fronte alla morte o comunque di fronte a una disgrazia, non ci sentiamo di muovere al Signore lo stesso rimprovero di Marta: Se tu fossi stato qui… ma al momento buono non c’eri!
Gesù parla a Marta della risurrezione, e Marta sfodera il catechismo che ha imparato: Lazzaro risusciterà , nell’ultimo giorno.
E qui è la svolta. Gesù dichiara: Io sono la risurrezione e la vita. Che leggerei volentieri: la risurrezione e la vita sono io. E richiama Lazzaro alla vita.
Gesù è, davvero, la risurrezione e la vita. A Pasqua ciò è diventato evidente. La sua tomba, pur custodita dai soldati, è vuota; e se la risurrezione di Lazzaro è un prolungamento della vita, quella di Gesù è una risurrezione definitiva.
La morte ci domina ancora, ci ghermisce ancora. Spezza i nostri affetti e cancella le nostre prospettive. Ma essa è vinta, e il suo potere è cancellato. Poiché Gesù Cristo è risorto e vivente, noi, certo, piangeremo con chi piange per un lutto, però possiamo affermare senza esitazioni che la morte non è e non ha l’ultima parola. Questa è di Cristo. Anzi, è Cristo.