«Gesù di nuovo disse loro: “In verità , in verità vi dico: io sono la porta delle pecore.(…) Io sono la porta; se uno entra per me, sarà salvato, entrerà e uscirà , e troverà pastura (…) Io sono il buon pastore; il buon pastore dà la sua vita per le pecore.”»
Amo le “bergerie”, quando vado in montagna. So che lì c’è un riparo, un luogo protetto. Non solo per le pecore gregge, ma anche per me e per chi cammina accanto a me, per tutti.
Oltre a questo, porto nella mia memoria l’immagine del Buon Pastore che si mette sulle spalle la pecora ferita. Un bel profumo d’infanzia, un senso di calore, di fede semplice, “infantile”. Gesù che è il Buon Pastore che custodisce la tua vita dal male…
Poi ho capito – e non ho ancora finito di capire – che quella pecora era ed è sempre minacciata. C’è una minaccia, come anche Gesù dice ai suoi (e a noi oggi).
I lupi ci sono, sono tanti, e godono di ottima salute.
Di fronte a queste minacce, qualcuno può essere tentato di cercare un ovile bello chiuso, sicuro. Anche le istituzioni religiose, spesse volte settarie, in ogni generazione, si sono proposte come “bergerie” sicure. Spazi settari, blindati, non solo verso il pericolo esterno, ma che ti blindano anche sul versante interiore con le loro certezze assolute e indiscutibili. Il rifugio diventa prigione e sei persino contento di rimanere in prigione, non vuoi più vedere nulla fuori dalla realtà che ti mostrano. Il falso pastore diventa carceriere e lo ringrazi!
La “bergeria” dove Gesù è il Buon Pastore, invece, è aperta. Ti offre rifugio, ma per un tempo soltanto, poi la porta si apre sempre verso l’esterno.
Esci, ti dice il Buon Pastore, vai, senza paura. È fuori, nel mondo, che potrai sperimentare la promessa del Buon Pastore: quella di una vita piena, anzi sovrabbondante. Senza paura, perché c’è Chi veglia su di te.
Vivere di questa consapevolezza, della grazia sovrabbondante, basta a dare senso alla tua vita.